IL CASO
La Corte d’Appello riduceva la pena a mesi sette di reclusione a due persone per il reato di cui all’art. 589, commi 1 e 2, c.p., per aver cagionato per colpa, nelle rispettive vesti di agente tecnico e di direttore dei lavori del cantiere di costruzione di un casotto di campagna, la morte di un lavoratore a seguito di lesioni da precipitazione, dichiarando il concorso di colpa della persona offesa nella misura del 25%.
I due soggetti condannati dalla Corte di appello hanno proposto ricorso in Cassazione.
In particolare con il terzo motivo G. lamentava: “ la manifesta illogicità della motivazione per contrasto con la sentenza di annullamento della Corte di cassazione. In sostanza, a G. si sarebbe rimproverato di avere consentito che le mansioni di capo squadra venissero svolte in sua assenza dall'imputato C. quale soggetto tuttavia inidoneo perché dotato della qualifica dì bracciante agricolo. Tuttavia tale argomentazione viene contraddittoriamente smentita da altre affermazioni contenute nella sentenza e, segnatamente, dal rilievo in ordine al fatto che l'investitura di C. avvenne non per estemporanea iniziativa di G. ma, prima ancora dell'inizio dei lavori, in ragione di un ordine scritto firmato dal direttore dei lavori M. e che la scelta delle persone da avviare al lavoro in ciascun cantiere era sempre da ricondurre al direttore dei lavori M.. In ogni caso contesta che C. fosse soggetto non idoneo alla mansione ricoperta posto che presupposto funzionale all'affermazione di responsabilità dello stesso da parte della Corte di cassazione è stato il vaglio preliminare delle capacità tecniche dello stesso con riguardo alla specifica incombenza da espletare.”
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