La Corte di Cassazione con sentenza del 5 aprile 2013 ribadisce un’importante norma giuridica, in tema di bancarotta documentale. Dopo aver evidenziato gli aspetti determinanti la consumazione del reato, individuabile nella consapevolezza di rendere con il proprio agire impossibile la ricostruzione dell'assetto patrimoniale societario, traccia una netta demarcazione tra responsabilità ( e ruoli) dell’imprenditore e quelli ricoperti ed assunti dal professionista, incaricato di tenere la contabilità, escludendo che il primo possa essere considerato inconsapevole della situazione della società.
IL CASO
La Corte d'Appello di Torino riformando parzialmente la sentenza del Tribunale di Alba confermava l'affermazione di responsabilità di P. F., quale amministratore unico della X srl, dichiarata fallita, per il reato di bancarotta fraudolenta documentale. La corte evidenziava, a supporto del proprio ratio decidendi, nella parte motiva, che l'elemento soggettivo del reato è il dolo generico, rappresentato dalla consapevolezza dell'agente che la tenuta dei libri e delle scritture contabili renderà o potrà rendere impossibile la ricostruzione delle vicende patrimoniali, e osservava che nella specie tale consapevolezza era desumibile dalla mancanza di gran parte della documentazione societaria che l’amministratore aveva il dovere di tenere e dalla predisposizione di documenti ritenuti inattendibili dal curatore.
Ricorre l'imputato per il tramite del difensore deducendo, con unico motivo, erronea interpretazione ed applicazione della norma penale nonché vizio di motivazione in ordine al dolo.
Secondo il ricorrente, premesso che la sola mancata consegna di parte della documentazione contabile obbligatoria e la mancata tenuta della stessa per i soli cinque mesi antecedenti la dichiarazione di fallimento avevano indotto il curatore a ritenere applicabili la L. Fall., art. 224 e art. 217, comma 2, le successive indagini non avevano apportato elementi atti a provare il dolo intenzionale e cioè la volontà dell'azione o dell'omissione e quella di rendere non ricostruibile il patrimonio.
Ciò anche considerato che l'inattendibilità dell'unico mastro contabile reperito, a fronte della mancata esibizione delle schede di mastro e delle fatture di acquisto, e l'incompletezza degli altri libri contabili obbligatori, non erano ascrivibili al prevenuto visto che la tenuta della contabilità era affidata ad un professionista esterno alla società. Inoltre, essendo la condotta ascritta all’imputato meramente omissiva, poteva essere contrassegnata da mera superficialità, in carenza di motivazione circa la consapevolezza e volontà proprie della bancarotta fraudolenta documentale. Si chiedeva pertanto che il fatto fosse qualificato come bancarotta semplice e dichiarato prescritto.
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