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FATTURE FALSE E RELATIVO ONERE PROBATORIO

Fatture false e relativo onere probatorio

La sentenza della Cassazione n. 1110/2013 del 17 Gennaio 2013. Una sistematica valutazione dei diversi profili, ai fini IVA, e II.DD. sulla scorta dei recenti sviluppi della giurisprudenza europea e della Cassazione

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IL CASO
Con sentenza depositata il 20.6.2007 la CTR delle Marche aveva respinto l'appello dell'Agenzia delle entrate, avverso la sentenza con la quale la CTP di Macerata aveva accolto un ricorso di X Srl…, e del suo amministratore B.S., contro un avviso di accertamento per maggiori Irpeg, Irap e IVA - oltre sanzioni - relativamente all'anno d'imposta 1998.
Dalla sentenza in particolare risultava che la pretesa fiscale era stata sorretta dal disconoscimento, ai fini delle imposte dirette e dell'IVA, di costi ritenuti relativi a operazioni inesistenti ovvero ritenuti privi del requisito di competenza. In tal modo la commissione regionale non si era discostata dalle regole che presidiano la ripartizione dell'onere della prova, e ha esplicitato la ratio decidendi in modo comunque intelligibile, rendendo evidente che la decisione è stata basata sull'affermazione previa di inesistenza di prove a sostegno della non veridicità di quanto attestato dai documenti esaminati.
L’Agenzia delle entrate ricorre per Cassazione avverso la sentenza n. 197/2006 della CTR di ANCONA. Questi i motivi di censura:
1. in primis l'amministrazione denunzia (art. 360 c.p.c., n. 3) violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 15, commi 1 e 7, e chiede di stabilire se sia preclusa la definizione di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 15, nei confronti di società il cui legale rappresentante sia stato sottoposto a procedimento penale per uno dei reati tributari di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, di cui lo stesso sia venuto a conoscenza prima del perfezionamento della definizione medesima;
2. secondariamente, relativamente a ulteriori censure, attinenti alla statuizione di infondatezza della pretesa in sè, denunzia in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 4, la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 1, n. 4, e art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, - nonché in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e la falsa applicazione dell'art. 2697 c.c., dell'art. 75 del Tuir e del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19, 28 e 54. In particolare chiede di stabilire se sia adeguatamente motivata la sentenza di secondo grado fondata esclusivamente sulla asserita condivisibilità delle argomentazioni proposte dalla contribuente e recepite dalla decisione di primo grado.
3. Col terzo mezzo censura la sentenza per essersi limitata ad accogliere la tesi della contribuente sulla base della semplice asserita mancanza di prova contraria da parte dell'ufficio, senza indicazione di alcun elemento di fatto idoneo a dare contezza di una compiuta verifica della effettiva sussistenza dei presupposti dettati dalla legge per il riconoscimento di costi portati in deduzione, e ritenuti relativi, a operazioni inesistenti.
IL COMMENTO
1.Recenti sviluppi della giurisprudenza della Corte di Giustizia e della Corte di Cassazione in tema di ripartizione dell’onere probatorio (a chi spetta?)
Con la sentenza della Corte Europea 21 giugno 2012, cause riunite C – 80/11 e C – 142/11 i giudici riconoscono al soggetto passivo la detrazione dell’IVA, poiché le eventuali irregolarità commesse sono addebitabili direttamente in capo all’emittente della fattura che ha eventualmente posto in essere l’evasione. Di converso, qualora il contribuente sia a conoscenza o avrebbe dovuto conoscere la frode, ossia l’utilizzo della documentazione solo utilizzato per evadere il pagamento delle imposte, non ha diritto al recupero dell’IVA mediante detrazione. Secondo la Corte di Giustizia l’onere della prova è a carico della Amministrazione. Questo è il primo significativo punto di diritto.....LEGGI TUTTO SUL BLOG

1) Oppure scarica il Commento completo con il testo integrale della sentenza:

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