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CESSIONE E/O CONFERIMENTO STUDIO PROFESSIONALE: COME VALUTARE L’AVVIAMENTO

Cessione e/o conferimento Studio professionale: come valutare l’avviamento

Indennità perdita dell'avviamento, come stabilire se l'attività svolta abbia natura imprenditoriale o professionale: Sentenza n. 8558 del 29/05/2012 della Corte di Cassazione.

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È corretto parlare di avviamento, concetto puramente aziendale nel caso di un professionista?
Sul concetto di avviamento va richiamata la Cass. Civ. sent., 29-05-2012, n. 8558 che esamina la questione se fosse dovuta un’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale ad uno studio medico (conduttore) in caso di cessazione del rapporto di locazione relativo agli immobili, non dovuta a risoluzione per inadempimento o disdetta o recesso del conduttore. 

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1) La Cassazione in tema di cessione studio professionale

Sul punto la cassazione del 1992 stabiliva che “Il criterio cui va dunque improntata la soluzione del problema relativo alla qualificazione come commerciale o professionale dell’attività svolta in un immobile, da cui dipende o no la spettanza al conduttore dell’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale ... è quello della prevalenza del tipo di attività esercitata. E ciò quand’anche quell’attività sia imprenditoriale e sia esercitata in forma societaria.

Ma il collegare il giudizio di prevalenza dell'attività medica su quella organizzativa al rilievo che, in una clinica privata, se non vi fosse esercizio di attività medica, l'organizzazione imprenditoriale perderebbe la sua funzione, è giuridicamente errato in quanto l'assunto è sempre vero ed è pertanto tale da impedire quella valutazione comparativa che la norma (intesa come risultato dell'interpretazione di una disposizione di legge) impone e che la Corte d'appello ha ritenuto di dover compiere. Viene invece in rilievo la consistenza degli elementi di supporto che sono volta a volta apprestati in funzione dell'esercizio dell'attività medica, da quelli burocratici a quelli tecnici, che in una casa di cura privata appaiono solitamente prevalenti, anche in considerazione del fatto che la direzione della clinica è in grado di scegliere il personale medico e paramedico di cui avvalersi, sicché tendenzialmente difetta quell'intuitus personae costituente la ratio della deroga posta dalla L. n. 392 del 1978, art. 35 per quanto concerne le attività professionali. L'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale non potrà essere dunque ordinariamente disconosciuta, a meno che non sia dato di ritenere che, per particolarissime ragioni, l'inserimento funzionale dell'immobile nell'attività di impresa non fosse in concreto suscettibile di influire sul volume degli affari realizzato.”

Pertanto con questa sentenza, sembrerebbe che si possa parlare di “avviamento” anche nel caso di attività professionale in genere. Questo avviamento si produrrebbe anche nell’ipotesi di cessione della clientela.

Sul punto, con un’altra sentenza del 2010 la Corte di Cassazione ha fornito interessanti precisazioni, seppur vincolate allo specifico caso in cui il medico professionista cede lo studio con prosecuzione del rapporto della sua ex clientela con il nuovo professionista per cui vi può essere un compenso economico a questo comportamento. La S.C. fonda questa tesi favorevole alla cedibilità del “pacchetto clienti” invocando la norma fiscale che prevede che concorrono a formare il reddito i corrispettivi percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali comunque riferibili all’attività artistica o professionale.

A dire il vero l’Agenzia delle Entrate aveva già “toccato” l’argomento “cedibilità del pacchetto clienti” con la RM 108/2002, prima della modifica normativa al TUIR (introdotta dalla Manovra Bersani) che appunto detta la nuova disciplina che prevede che il corrispettivo percepito dal professionista a fronte della cessione di parte della propria attività ad altro professionista rientri fra i compensi dell’attività professionale.

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2) L'avviamento professionale e la sua quantificazione

Tutto ciò premesso, quindi, si può parlare di avviamento dello studio professionale: ma come quantificarlo per un’eventuale cessione o un conferimento?

In generale è suscettibile di valutazione soggettiva è il valore di avviamento sul quale incidono direttamente fatturato e redditività. L’avviamento è considerato una qualità dell’azienda, di cui esprime l’attitudine a produrre reddito e, corrisponde al plusvalore dell’azienda rispetto a quello dei singoli beni che la compongono. Tuttavia, dato il rapporto fiduciario che si stabilisce fra professionista e cliente, non esiste un metodo matematico che consenta, come nell'avviamento aziendale, di determinarne il valore.

Sul punto si può anche richiamare un recente studio del Consiglio Nazionale del Notariato rubricato “prime note sulle società tra professionisti”, analizza il conferimento dello studio di un singolo professionista, nell’eventuale società fra professionisti. Sul fronte del conferimento il notariato evidenzia due aspetti: l’inquadramento, nel modello azionario, degli apporti del professionista non rappresentati da denaro o beni in natura e la possibilità di computare nell’ambito del conferimento l’avviamento, rappresentato anche dal fatturato medio di ciascun professionista partecipante.

Sotto il primo profilo sembra da escludere che la disciplina della società tra professionisti possa derogare al divieto di cui all’art. 2342, comma 5, c.c., sicché una rilevanza dell’apporto del professionista a titolo diverso dal conferimento del denaro o di altri beni potrà aversi in termini di prestazione accessoria ai sensi dell’art. 2345 c.c.

Sotto il secondo profilo, appare evidente come nella società potrà essere conferito l’insieme dei beni strumentali all’esercizio della professione, ed in tale prospettiva non pare in alcun modo potersi escludere che una specifica rilevanza, in termini di avviamento, possa riconoscersi all’andamento medio del fatturato del singolo professionista che svolgerà la propria attività in forma societaria.

Stante la natura personale del rapporto fiduciario che caratterizza il contratto d’opera professionale, sembra invece da escludere che l’avviamento possa avere propriamente a riguardo la clientela, pur se va dato conto che la giurisprudenza ha recentemente considerato lecitamente e validamente stipulato il contratto di trasferimento a titolo oneroso di uno studio professionale, anche relativamente alla parte in cui abbia ad oggetto la clientela. Per quest'ultima, infatti, secondo la Suprema Corte, è configurabile non una cessione in senso, ma un complessivo impegno del cedente volto a favorire - attraverso l'assunzione di obblighi positivi di fare, mediante un'attività promozionale di presentazione e canalizzazione, e negativi di non fare, quali il divieto di esercitar e la medesima attività nello stesso luogo - la  prosecuzione del rapporto professionale tra i vecchi clienti ed il soggetto subentrante.

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