Nella sentenza n. 6727 del 18 Marzo 2013 la corte di cassazione ribadisce innanzitutto che il riposo settimanale, dopo sei giorni consecutivi di lavoro, necessario per il recupero delle energie psicofisiche, costituisce oggetto di un diritto garantito, oltre che dall’art. 2109, comma 1, c.c., dall’art. 36, comma 3, della Costituzione , che ne ha sancito l'irrinunciabilità.
Pertanto, la mancata concessione del riposo settimanale, é illegittima e non può essere validamente disciplinata né da clausole contrattuali , che sarebbero nulle per illiceità dell'oggetto (artt. 1418 e 1346 c.c.), né dalla legge, che sarebbe fondatamente sospettabile di illegittimità costituzionale . Ribadisce inoltre che l'attribuzione patrimoniale spettante al lavoratore (che abbia prestato attività nel settimo giorno lavorativo) per la definitiva perdita del riposo - non fruito neppure in un arco temporale maggiore di sette giorni - ha natura risarcitoria e non retributiva, essendo diretta non già a compensare la prestazione lavorativa eccedente, ma ad indennizzare il lavoratore per a perdita del riposo e la conseguente usura psico-fisica
Qualora però, come nel caso della sentenza commentata il datore di lavoro ritardi indebitamente il collocamento a riposo del dipendente che ne abbia diritto, non si determina per ciò stesso un danno da usura psico-fisica con diritto al risarcimento, sia perché non corrisponde a standards sociali riconosciuti la tesi che il prolungamento dell'attività lavorativa sia di per sé fonte di pregiudizio, sia perché per ottenere il risarcimento non è sufficiente dedurre il fatto elusivo, ma occorre provare il concreto pregiudizio subito.
IL CASO
Un dipendente ha presentato ricorso per vedersi riconoscere il diritto al risarcimento per l'insufficiente riposo settimanale nel rapporto di lavoro a partire dall'aprile 1981 a gennaio 1995. Egli chiedeva inoltre la condanna della società al pagamento delle somme dovute a titolo di danno da usura psico-fisica da calcolarsi nella misura di 1/26 della retribuzione mensile per ogni giornata di riposo non goduta, ovvero in altro importo ritenuto equo.
Ciò non ha trovato accoglimento nella sentenza del Tribunale, la quale è stata successivamente appellata.
Con l’appello è stato parzialmente accolto il gravame, con la condanna dell’azienda al pagamento in favore del lavoratore di euro 387,34, somma liquidata in via equitativa.
Avverso tale sentenza ricorreva per cassazione il lavoratore, il quale è stato rigettato.
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