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STUDI DI SETTORE: NON È VALIDO L’AVVISO PRIVO DELLE MOTIVAZIONI

Studi di settore: non è valido l’avviso privo delle motivazioni

Nella sentenza n. 4166 la Cassazione ribadisce che il richiamo puro e semplice ai parametri è insufficiente a motivare l'accertamento tributario

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La Suprema Corte  richiama, con riferimento al caso di un lavoratore autonomo, i principi di diritto elaborati dalle Sezioni Unite per cui lo scostamento dai parametri o studi di settore non costituisce sufficiente motivazione per l'accertamento. L’Amministrazione finanziaria è  quindi tenuta a indicare  nel titolo impositivo, le ragioni che hanno disatteso le giustificazioni addotte dal contribuente in sede di contraddittorio.
IL CASO
L'Agenzia delle entrate ricorre per cassazione nei confronti della sentenza n. 362/40/2007della CTR Lazio, sez. dist.di Latina. Tale sentenza ha accolto l'appello di C.A. e D. V.M.A. avverso la decisione di primo grado, relativamente a un avviso di accertamento con il quale, in applicazione dei parametri di cui alla L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 181, erano stati rettificati i ricavi conseguiti nell'anno 1996 e i connessi redditi da lavoro autonomo.
La sentenza ha espresso l'avviso che il richiamo puro e semplice ai parametri è insufficiente a motivare l'accertamento tributario, osservando che nell'atto notificato ai contribuenti, oltre al riferimento ai detti parametri, erano stati riportati unicamente i dati della dichiarazione annuale. Non erano stati invece indicati il procedimento logico seguito e i passaggi che avevano consentito la determinazione dei maggiori ricavi; pertanto era mancata l'indicazione degli elementi essenziali necessari per una valutazione di correttezza dell'accertamento, quanto all’assolvimento dell’imprescindibile onere motivazionale.
La ricorrente ha articolato il ricorso in quattro motivi di censura:
  1. violazione dell'art. 112 c.p.c., art. 329 c.p.c., artt. 342 e 346 c.p.c., in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 1, (art. 360 c.p.c., n. 4), per avere il giudice di secondo grado deciso su motivi di impugnazione formali, attinenti alla motivazione dell'avviso di accertamento, implicitamente disattesi in primo grado e non riproposti con l'appello;
  2.  violazione della L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 181, artt. 2728 e 2697 c.c., (art. 360 c.p.c., n. 3), stante il principio che, in caso di accertamento di maggiori redditi, effettuato mediante utilizzazione dei parametri, a contraddittorio correttamente instaurato col contribuente, si determina una presunzione legale sufficiente a sostenere l'accertamento, in difetto di prova contraria incombente al contribuente medesimo;
  3.  violazione della L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 181, (art. 360 c.p.c., n. 3) sotto il profilo che in ogni caso, ove l'accertamento sia motivato con richiamo ai suddetti parametri presuntivi, è da ritenere comunque soddisfatto il requisito formale della motivazione dell'atto;
  4.  insufficiente motivazione su fatto decisivo (art. 360 c.p.c., n. 5), non avendo il giudice d'appello dato conto degli elementi di fatto e delle risultanze probatorie a giustificazione dello scostamento dalle risultanze dei parametri medesimi.
L'impugnata sentenza appare uniformata al principio di diritto elaborato dalle Sezioni Unite, a mente del quale la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è determinata ex lege dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sé considerati, ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell'accertamento stesso.

1) Leggi il Commento completo ed il testo integrale della sentenza:

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