La V° sezione penale della Cassazione nella sentenza n. 3817 del 24 gennaio 2013 rileva che l’avviamento, in quanto autonoma componente del valore dell’azienda presenta una indubbia natura patrimoniale ed è suscettibile di quantificazione economica, ma non per questo può costituire oggetto di autonoma disposizione, risultando inscindibile dall’azienda medesima. Ne consegue che non è possibile configurare la distrazione dell’avviamento commerciale dell’impresa successivamente fallita se contestualmente non sia stata oggetto di disposizione anche l’azienda medesima o quantomeno quei fattori aziendali in grado di generare l’avviamento. In altri termini la sentenza cristallizza un precedente principio giurisprudenziale per niente scontato, in quanto si erano profilati due diversi orientamenti:
a) Da una parte la S.C. aveva affermato che l’avviamento, i rapporti di lavoro e la tecnologia costituiscono beni economicamente apprezzabili e pertanto suscettibili di essere considerati oggetto di bancarotta per distrazione;
b) Dall’altra, in circostanza più recente la S.C. aveva formulato una massima di segno opposto, secondo cui, essendo necessario ai fini della configurabilità del reato di bancarotta fraudolenta che oggetto di distrazione siano rapporti giuridicamente rilevanti ed economicamente valutabili, l’avviamento commerciale di un’azienda non potrebbe costituire oggetto di distrazione.
Sembrerebbe dunque prevalere quest’ultimo orientamento e il principio massimato sicuramente costituirà un punto di riferimento importante per chi opera, considerato l’effetto devastante determinato dal reato di bancarotta fraudolenta, ex art 216 della legge fallimentare.
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