Esaminiamo nel dettaglio i requisiti obbligatori a cui devono rispondere gli enti non commerciali per ottenere tale agevolazione, e il caso in cui un immobile venga utilizzato in maniera mista, ovvero adoperato sia per attività commerciali che per attività non commerciali.
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1) L’esenzione dall’IMU per gli immobili posseduti dagli enti non commerciali prevista dall’art. 91-bis del Decreto-Legge n° 1 del 2012
Prima dell’introduzione dell’IMU – Imposta Municipale Propria con l’art. 13 del Decreto-Legge n° 201 del 2011 (il Decreto della c.d. “manovra Monti”, convertito in Legge n° 214 del 2011) gli enti non commerciali godevano dell’esenzione dall’ICI - Imposta Comunale sugli Immobili, oggi sostituita dall’IMU, prevista dalla lettera i) del 1° comma dell’art. 7 del Decreto Legislativo n° 504 del 1992, per quegli “immobili […] destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive” di cui erano proprietari od usufruttuari.
Dopo l’introduzione dell’IMU, questa agevolazione è stata confermata dall’art. 91-bis del Decreto-Legge n° 1 del 2012 (il Decreto sulle liberalizzazioni, convertito in Legge n° 27 del 2012. L’art. 91-bis è stato poi modificato dal comma 6° dell’art. 9 del Decreto-Legge n° 174 del 2012 convertito in Legge n° 213 del 2012) che ha previsto pure che, nel caso di utilizzazione mista dell’immobile (vale a dire per attività commerciali e non commerciali), l’esenzione citata “si applica solo alla frazione (cioè alla parte) di unità immobiliare in cui si svolge l’attività di natura non commerciale”. Se questa parte dell’immobile non è identificabile attraverso l’individuazione di un immobile autonomo (per esempio, un appartamento) o di una porzione di immobile (per esempio, una stanza) adibiti esclusivamente all’attività non commerciale, in quanto dotati di una permanente autonomia funzionale e reddituale (cioè di un reddito del fabbricato o di un reddito dominicale del terreno autonomi, distinti da ottenere per mezzo di una revisione della qualificazione e della rendita catastale di questo immobile), l’esenzione si applica in proporzione all’utilizzo non commerciale dell’immobile quale risulta da una apposita dichiarazione resa dal legale rappresentante dell’ente non commerciale. Le modalità di questa dichiarazione, il destinatario di essa, gli elementi rilevanti ai fini dell’individuazione della porzione di immobile esente dall’IMU ed i requisiti, generali e di settore, per qualificare le attività di cui alla citata lettera i) del 1° comma dell’art. 7 del Dlgs 504/1992 come svolte con modalità non commerciali sono stati disciplinati dal Decreto del Ministero dell’Economia n° 200 del 2012.
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2) Requisiti delle attività non commerciali che consentono l’esenzione dall’IMU
Iniziamo ad esporre i contenuti del D.M. 200/2012 leggendone in modo combinato l’art. 1° che identifica le attività non commerciali previste dalla lettera i) del 1° comma dell’art. 7 del Dlgs 504/1992 e l’art. 4 che stabilisce gli ulteriori requisiti (rispetto a quelli generali di cui allo stesso art. 1° ed all’art. 3, trattati oltre in questo paragrafo) che l’attività deve avere per potersi dire svolta con modalità non commerciali:
1) attività assistenziali: sono quelle di cui all’art. 128 del Decreto Legislativo n° 112 del 1998 “relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita” escluse quelle di carattere sanitario, previdenziale obbligatorio e giudiziario;
2) attività sanitarie: sono quelle dirette ad assicurare i livelli essenziali di assistenza (i c.d. “LEA”) definiti dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29 Novembre 2001.
Le attività assistenziali e quelle sanitarie si ritengono effettuate con modalità non commerciali quando sono accreditate e contrattualizzate o convenzionate con lo Stato, le Regioni o gli enti locali e sono svolte in modo complementare o integrativo al servizio pubblico, secondo la normativa statale e regionale vigente, e quando prestano all’utenza servizi gratuiti, salvo gli importi di partecipazione alla spesa (i ticket) previsti dalla legge. Se le attività non sono accreditate e contrattualizzate o convenzionate si ritengono effettuate con modalità non commerciali se sono svolte a titolo gratuito “ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e, comunque, non superiore alla metà dei corrispettivi medi per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali (quindi a scopo di lucro) nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo del servizio”. Come si faccia a calcolare questo valore senza fare una costosa ricerca di mercato, non è dato sapere. Meglio sarebbe stato porre un limite secco, per esempio, 20 Euro a prestazione;
3) attività didattiche: sono quelle dirette all’istruzione ed alla formazione ai sensi della Legge n° 53 del 2003. Perché l’attività didattica sia non commerciale essa deve essere paritaria rispetto a quella statale, l’ente che la svolge deve adottare un regolamento che garantisca la non discriminazione in fase di accettazione degli alunni, accogliere gli alunni portatori di handicap, applicare la contrattazione collettiva al personale docente e non docente, avere strutture adeguate agli standard previsti dalla legge, rendere pubblico il bilancio, svolgere l’attività a titolo gratuito ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solo una frazione del costo effettivo del servizio. Anche qui sarebbe stato meglio mettere un limite chiaro a questa frazione, per esempio il 20 o il 30% del costo del servizio da dimostrare con apposita relazione da allegare al bilancio e da inviare, assieme a questo, al Comune competente;
4) attività ricettive: sono quelle che prevedono “l’accessibilità (vale a dire ospitalità, cioè ricettività) limitata ai destinatari propri delle attività istituzionali dell’ente e la discontinuità dell’apertura nonché, relativamente alla ricettività sociale (cioè quella svolta per fini di utilità sociale) quelle dirette a garantire l’esigenza di sistemazioni abitative anche temporanee per bisogni speciali (per esempio, uno sfratto oppure un periodo di soggiorno in una città dove non si risiede per assistere un parente ricoverato presso un ospedale), ovvero svolte nei confronti di persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche sociali o familiari, escluse in ogni caso le attività svolte in strutture alberghiere e paralberghiere di cui all’art. 9 dell’Allegato I del Decreto Legislativo n° 79 del 2011”, il c.d. “Codice del turismo”. Ciò significa che gli immobili in cui gli enti non commerciali esercitano l’attività ricettiva alberghiera e paralberghiera per ospitare turisti leisure (per piacere vacanza, divertimento) o business (per affari, lavoro) sono in ogni caso soggetti all’IMU. Questa norma non prevede, però, che siano escluse anche le attività ricettive svolte in strutture extralberghiere (per esempio: le case per ferie, che sono la tipologia di struttura ricettiva più frequentemente gestita dagli enti non commerciali, mentre questi non gestiscono quasi mai alberghi) ed all’aperto (per esempio: villaggi turistici e campeggi) di cui agli artt. 12 e 13 sempre del Codice del turismo purché limitate “ai destinatari propri delle attività istituzionali dell’ente” e con “discontinuità nell’apertura”, cioè osservando dei periodi di chiusura nel corso dell’anno. Questa mancata previsione permette (sia pure in un modo piuttosto involuto ma efficace) agli enti non commerciali fra le cui attività istituzionali, cioè statutarie, sia prevista quella ricettiva (i cui “destinatari propri” non possono che essere, logicamente, i turisti) di godere dell’esenzione dall’IMU per le strutture (cioè gli immobili) ricettive extralberghiere ed all’aperto di cui agli artt. 12 e 13 del Codice del turismo;
5) attività culturali: sono quelle rivolte a formare e diffondere espressioni della cultura e dell’arte;
6) attività ricreative: sono quelle dirette all’animazione del tempo libero;
7) attività sportive: sono quelle rientranti nelle discipline sportive riconosciute dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) svolte dalle associazioni sportive e dalle relative sezioni non aventi scopo di lucro, affiliate alle federazioni sportive nazionali od agli enti nazionali di promozione sportiva riconosciuti ai sensi dell’art. 90 della Legge n° 289 del 2002. La norma sembra quindi escludere le società sportive dilettantistiche.
Anche le attività ricettive, culturali, ricreative e sportive per essere svolte con modalità non commerciali devono essere effettuate a titolo gratuito ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e, comunque, non superiori alla metà dei corrispettivi medi per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali (cioè a scopo di lucro) nello stesso ambito territoriale, tenuto conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo del servizio. Anche in questi casi vale l’osservazione fatta prima sulla difficoltà di reperire o calcolare il “corrispettivo medio” assunto dalla norma come parametro, per cui ripetiamo che meglio sarebbe stato identificare un limite numerico secco, per esempio 20 o 30 Euro a prestazione, magari da aggiornare nel tempo all’inflazione (col c.d. “indice FOI”).
La o le attività esercitate rientranti in questo elenco devono essere previste nello statuto dell’ente e, di conseguenza, essere attività istituzionali. Inoltre esse devono essere volte alla realizzazione di fini di utilità sociale, cioè dirette ad arrecare benefici a persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari, compresi i soci, gli associati e gli altri soggetti connessi all’ente non commerciale se sono in queste condizioni di svantaggio (la definizione di “finalità di utilità sociale” è ricavata dai commi 2° e 3° dell’art. 10 del Decreto Legislativo n° 460/1997 che disciplina le Organizzazioni non lucrative di utilità sociale - ONLUS).
Inoltre, le attività elencate sono svolte con modalità non commerciali se sono prive dello scopo di lucro, cioè se non sono volte a realizzare un profitto da ripartire tra gli associati ai sensi dell’art. 2247 c.c., se per loro natura non si pongono in concorrenza con altri operatori del mercato (principio che lascia perplessi perché troppo difficile da rispettare in pratica dato che è impossibile, per esempio, che un’attività sanitaria svolta gratuitamente da volontari non faccia concorrenza ad un altro operatore che la eroga a scopo di lucro) che tale scopo perseguono e se sono espressione dei principi di solidarietà e sussidiarietà.
Le attività diverse da quelle previste nell’elenco precedente si presumono sempre essere attività commerciali ai fini dell’applicazione dell’IMU. In particolare, per la loro diffusione e per l’importanza di esse al fine dell’autofinanziamento degli enti non commerciali, facciamo notare che sono sempre soggetti all’IMU i locali o gli immobili dove questi enti esercitano attività di somministrazione di alimenti e bevande, attività di vendita di beni o di servizi, attività agricole e di cui gli enti siano, ovviamente, proprietari od usufruttuari.
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3) I requisiti generali a cui devono rispondere gli enti che chiedono l’esenzione
L’art. 3 del D.M. 200/2012 prevede che, per aversi lo svolgimento con modalità non commerciali delle attività istituzionali dell’ente sopra elencate, lo statuto o l’atto costitutivo dell’ente stesso debba sempre prevedere:
1) il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione, nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’ente, in favore di amministratori, soci, partecipanti, lavoratori o collaboratori, a meno che la distribuzione o la destinazione non sia imposta per legge, oppure sia effettuata a favore di enti che per legge, statuto o regolamento interno, fanno parte della medesima e unitaria struttura e svolgono la stessa attività od altre attività istituzionali specificamente previste dalla legge (riteniamo sempre fra quelle previste dalla lettera i del 1° comma dell’art. 7 del Dlgs 504/1992);
2) l’obbligo di utilizzare gli utili o avanzi di gestione esclusivamente per la realizzazione delle attività funzionali a perseguire lo scopo istituzionale di solidarietà sociale, vale a dire, in parole più semplici, delle attività istituzionali;
3) l’obbligo di devolvere il patrimonio dell’ente non commerciale, nel caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad un altro ente non commerciale che svolga un’analoga attività istituzionale, sentito il parere vincolante del Ministero del Lavoro e salvo diversa destinazione imposta dalla legge. Si vuole in tal modo impedire che le risorse del settore non profit vadano a finanziare il settore profit dell’economia, vale a dire quello delle imprese a scopo di lucro.
Questi requisiti obbligatori degli statuti o degli atti costitutivi degli enti non commerciali che intendono avvalersi dell’esenzione dall’IMU sono identici ad alcuni di quelli previsti per le ONLUS dall’art. 10 del Dlgs 460/1997. Da ciò si ricava che, per godere dell’esenzione dall’IMU, vengono richieste all’ente non commerciale le stesse garanzie sulla effettività della mancanza dello scopo di lucro che si richiedono agli enti che chiedono di ottenere la qualifica di ONLUS e le agevolazioni fiscali che da essa derivano.
Gli enti non commerciali devono adeguare i loro statuti ai requisiti previsti dall’art. 3 entro il 31 Dicembre 2012 (1° comma dell’art. 7).
4) L’applicazione dell’esenzione dall’IMU nel caso di utilizzazione mista dell’immobile
Nel caso di utilizzazione mista dell’immobile posseduto dall’ente non commerciale, cioè di utilizzo di esso sia per attività commerciali che per una o più delle attività non commerciali elencate in precedenza, l’IMU è dovuta in proporzione all’utilizzo a fini commerciali o, il che è lo stesso, l’esenzione dall’IMU spetta in proporzione all’utilizzazione dell’immobile per attività non commerciali.
Questo rapporto proporzionale è determinato, ai sensi dell’art. 5 del D.M. 200/2012, “con riferimento allo spazio, al numero dei soggetti nei confronti dei quali vengono svolte le attività commerciali e quelle non commerciali e al tempo” di utilizzo dell’immobile.
Se possibile, è sufficiente determinare la superficie dell’immobile destinata esclusivamente allo svolgimento delle attività commerciali e rapportarla alla superficie totale dell’immobile.
Se la superficie dell’immobile è destinata indistintamente sia alle attività commerciali che a quelle non commerciali si deve calcolare il numero di soggetti (di ogni tipo: persone fisiche, persone giuridiche ed enti che non sono persone giuridiche) nei cui confronti si sono esercitate (riteniamo nell’anno) le attività commerciali e rapportarlo al numero totale di soggetti nei verso cui sono state svolte tutte le attività, sia commerciali che non commerciali. Il criterio in sé è giusto, ma la difficoltà è nel modo in cui si possono conteggiare questi soggetti: tenendo dei registri dei clienti e dei non clienti? Facendo una stima?
Se l’utilizzazione mista dell’immobile è limitata solo ad alcuni periodi dell’anno, la proporzione è determinata in base al numero dei giorni in cui si esercita l’attività commerciale diviso 365 giorni.
E’ quasi inutile dire che questi valori sono difficili da calcolare, si prestano ad arbitri da parte dell’ente non commerciale e sono difficili da controllare da parte dei Comuni (enti impositori dell’IMU). Ritengo che sarebbe stato meglio fissare un parametro numerico secco di esenzione dell’immobile dall’IMU, per esempio il 40%, modificabile in aumento qualora l’ente avesse dimostrato il maggiore utilizzo di esso per le attività non commerciali di cui alla lettera i) del 1° comma dell’art. 7 del Dlgs 504/1992, svolte con le modalità previste dal D.M. 200/2012.
In ogni caso, gli enti non commerciali sono obbligati a tenere a disposizione dei Comuni tutta la documentazione necessaria per l’accertamento della correttezza del calcolo del rapporto proporzionale di utilizzo degli immobili per le attività commerciali e non commerciali e, di conseguenza, della percentuale di esenzione dall’IMU (art. 7, 2° comma).
Gli enti non commerciali devono presentare la dichiarazione in cui denunciano gli immobili posseduti (a titolo di proprietà o usufrutto) e la percentuale di utilizzo di essi a fini commerciali in proporzione a cui è dovuta l’IMU al Comune nel cui territorio l’immobile o gli immobili sono ubicati. Se un ente possiede immobili ubicati nei territori di più Comuni, deve presentare una dichiarazione ad ogni Comune per i relativi immobili. Essa non va presentata negli anni in cui non ci sono variazioni (art. 6 del D.M. 200/2012).
Infine, ricordiamo che il comma 11° dell’art. 13 del DL 201/2011 stabilisce che le detrazioni e le riduzioni di aliquota dell’IMU deliberate dai Comuni, anche in virtù della previsione dell’art. 21 del Dlgs 460/1997 sulla possibilità per i Comuni stessi di adottare agevolazioni per le ONLUS sui tributi di cui sono titolari (come l’IMU), “non si applicano alla quota di imposta riservata allo Stato” che è pari alla metà dell’importo calcolato applicando alla base imponibile di tutti gli immobili (i terreni e i fabbricati ubicati nel territorio di un Comune) l’aliquota di base, ad eccezione dell’abitazione principale e delle relative pertinenze e dei fabbricati rurali ad uso strumentale, l’aliquota di base dell’IMU, pari allo 0,76%.
Del resto, anche l’art. 14 del DL 201/2011 che introduce il Tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (che sostituisce la TARSU e la TIA, cioè la tassa e la tariffa per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani) al suo comma 19° permette ai Comuni di concedere, per mezzo di delibera del Consiglio Comunale, riduzioni ed esenzioni del tributo citato (quindi anche a favore degli enti non commerciali o di alcuni di essi, per esempio le sole ONLUS) purché i costi di esse (nel senso di minori entrate) abbiano una copertura assicurata da risorse diverse dai proventi del Tributo sui rifiuti di competenza dell’esercizio a cui le agevolazioni concesse si riferiscono.
5) Appendice Normativa
1) DECRETO-LEGGE 24 gennaio 2012 , n. 1
Testo del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, coordinato con la legge di conversione 24 marzo 2012, n. 27, recante: “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”.
[…]
Art. 91-bis
Norme sull'esenzione dell'imposta comunale
sugli immobili degli enti non commerciali
1. Al comma 1, lettera i), dell'articolo 7 del decreto legislativo
30 dicembre 1992, n. 504, dopo le parole: «allo svolgimento sono
inserite le seguenti: «con modalità non commerciali.
2. Qualora l'unita' immobiliare abbia un'utilizzazione mista,
l'esenzione di cui al comma 1 si applica solo alla frazione di unità
nella quale si svolge l'attività di natura non commerciale, se
identificabile attraverso l'individuazione degli immobili o porzioni
di immobili adibiti esclusivamente a tale attività. Alla restante
parte dell'unita' immobiliare, in quanto dotata di autonomia
funzionale e reddituale permanente, si applicano le disposizioni dei
commi 41, 42 e 44 dell'articolo 2 del decreto-legge 3 ottobre 2006,
n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006,
n. 286. Le rendite catastali dichiarate o attribuite in base al
periodo precedente producono effetto fiscale a partire dal 1° gennaio
2013.
3. Nel caso in cui non sia possibile procedere ai sensi del
precedente comma 2, a partire dal 1° gennaio 2013, l'esenzione si
applica in proporzione all'utilizzazione non commerciale
dell'immobile quale risulta da apposita dichiarazione. Con successivo
decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da emanare ai
sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 17 agosto 1988, n. 400,
entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di
conversione del presente decreto, sono stabilite le modalità e le
procedure relative alla predetta dichiarazione e gli elementi
rilevanti ai fini dell'individuazione del rapporto proporzionale, nonché i requisiti, generali e di settore, per qualificare le attività di cui alla lettera i) del comma 1 dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, come svolte con modalità non commerciali.
4. E' abrogato il comma 2-bis dell'articolo 7 del decreto-legge 30
settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2
dicembre 2005, n. 248.
[…]
2) DECRETO DEL MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DEL 19 NOVEMBRE 2012 , N. 200
Regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 91-bis, comma 3, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27 e integrato dall'articolo 9, comma 6, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n.200