Nell'Ottobre del 2002, col Decreto Legislativo n° 231, è stata data attuazione nell'ordinamento italiano all'importante Direttiva CE n° 35 del 2000 relativa alla “ lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali”. Dopo dieci anni, nel mese di Novembre del 2012, il Dlgs 231/2002 è stato riformato dal Decreto Legilsativo n° 192 del 2012 per dare attuazione alla Direttiva UE n° 7 del 2011 che a sua volta modifica la Direttiva CE 35/2000 rendendo ancora più forti e, si spera, efficaci le norme che sanzionano i ritardi di pagamento. Diciamo questo perché, com'è noto, l'applicazione di quest'ultima Direttiva non ha fatto diminuire in Italia i ritardi di pagamento, la cui durata media, anzi, è aumentata nel decennio 2002 – 2012, mentre diminuiva in paesi come Francia e Germania.
Il recepimento di queste due Direttive ha rappresentato un altro passo importante, almeno dal punto di vista giuridico (ma meno da quello pratico, almeno finora), nel cammino verso l'obbiettivo del riequilibrio del potere contrattuale nei rapporti fra le micro, piccole e medie imprese (le c.d. PMI) e le aziende di maggiori dimensioni che vede le prime come parte più debole, spesso esposta a subire condizioni “capestro” imposte dai contraenti più forti, inaugurato dalla Legge n° 192 del 1998 sulla disciplina della subfornitura nelle attività produttive.
Infatti, questa disciplina ha come obbiettivi sia la lotta al “ ritardo di pagamento ”, intendendo per tale il tempo intercorso fra la scadenza del termine di pagamento previsto nel contratto , cioè della c.d. “dilazione” di pagamento, e l'effettiva corresponsione del prezzo , che il contrasto della pratica, sin troppo diffusa, della previsione (ma si dovrebbe dire, quasi sempre, dell'imposizione) contrattuale di dilazioni di pagamento troppo lunghe (per esempio, a sei, dodici, quindici mesi, tipiche delle subforniture industriali e delle forniture di prodotti di largo consumo alla Grande Distribuzione Commerciale) che costringono la parte più debole del contratto a finanziare di fatto la più forte che può pagare a tempi molto lunghi mentre incassa i suoi ricavi a pronti oppure in tempi molto più brevi di quelli in cui paga i suoi fornitori.
Il Dlgs 231/2002 si applica ad ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale , intendendo per tale qualsiasi tipo di contratto fra imprese (di qualsiasi forma giuridica e di qualsiasi settore economico: industria, servizi compresa la distribuzione commerciale, agricoltura, ecc.) o fra queste e le Pubbliche Amministrazioni (di qualsiasi tipo: centrali, regionali, locali, ecc. e tutte le associazioni, consorzi, unioni, ecc. costituiti da questi enti) che preveda la consegna di merci (prodotti, beni fisici) o la prestazione di servizi contro il pagamento di un prezzo (articoli 1 e 2).
Il Decreto citato non si applica solo ai debiti oggetto di procedure fallimentari aperte a carico del debitore, comprese le procedure finalizzate alla ristrutturazione del debito, ed a tutti i pagamenti effettuati a titolo di risarcimento del danno, anche da parte di un assicuratore.
1) Il termine del pagamento e il decorso degli interessi di mora
Gli articoli 3 e 4 del Dlgs 231/2002 riformato dal Dlgs 192/2012 prevedono che il creditore (cioè l'impresa fornitrice) ha diritto agli interessi moratori che decorrono automaticamente , cioè senza bisogno di costituzione in mora, dal giorno successivo alla scadenza del termine di pagamento previsto dal contratto. Questi interessi decorrono e si calcolano sull'importo dovuto dal debitore al creditore che comprende “ la somma che avrebbe dovuto essere pagata entro il termine contrattuale o legale di pagamento, comprese le imposte, i dazi, le tasse o gli oneri applicabili indicati nella fattura o nella richiesta equivalente di pagamento ” (sotto forma di nota, conto, parcella, ecc.). Gli interessi moratori non sono dovuti dal debitore – acquirente solo nel caso in cui egli dimostri che “ il ritardo nel pagamento del prezzo è stato determinato dall'impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile ” (art. 4, 1° comma, art. 2, lettera g , ed art. 3).
Se il termine di pagamento non è stato previsto nel contratto, gli interessi di mora decorrono, sempre automaticamente, dopo trenta giorni dal ricevimento della fattura o della richiesta di pagamento equivalente alla fattura o dalla data di ricevimento delle merci o della prestazione dei servizi, se non è certa la data della fattura o se questa è stata ricevuta prima della consegna delle merci o della prestazione dei servizi od, infine, dalla data dell'accettazione o della verifica eventualmente previte dalla legge o dal contratto ai fini dell'accertamento della conformità della merce o dei servizi prestati alle previsioni contrattuali e sempre che il debitore riceva la fattura o la equivalente richiesta di pagamento in data precedente all'accettazione o alla verifica (art. 4, 2° comma). La procedura diretta ad accertare la conformità della merce o dei servizi al contratto non può avere una durata superiore a trenta giorni dalla data di consegna della merce o della prestazione dei servizi, salvo che ciò sia espressamente concordato dalle parti per iscritto e non sia gravemente iniquo per il creditore ai sensi dell'art. 7 nel senso specificato nel capoverso successivo (6° comma).
Nelle transazioni commerciali tra imprese (quindi non in quelle tra imprese e Pubbliche Amministrazioni), le parti possono prevedere un termine per il pagamento superiore a trenta giorni, ma un termine superiore a sessanta giorni deve essere stipulato per iscritto e non deve essere gravemente iniquo per il creditore – fornitore ai sensi dell'art. 7 sempre del Dlgs 231/2002 vale a dire se esso si discosta notevolmente (la norma utilizza il termine “ grave scostamento ”) dalla prassi commerciale in contrasto col principio di buona fede e correttezza (cioè la lealtà di comportamento nelle contrattazioni e nell'esecuzione del contratto), tenuto conto della natura del bene o del servizio oggetto del contratto e dell'esistenza di motivi oggettivi per derogare ai termini legali di pagamento (art. 4, 3° comma).
Nelle transazioni commerciali tra imprese e Pubbliche Amministrazioni le parti possono pattuire, sempre in modo espresso e per iscritto, un termine per il pagamento superiore a trenta giorni ma non superiore a sessanta “ quando ciò sia giustificato dalla natura e dall'oggetto del contratto o dalle circostanze esistenti al momento della sua conclusione ”. In queste transazioni è nulla la clausola contrattuale che predetermina o modifica la data di ricevimento della fattura da parte del debitore. In questo caso la nullità della clausola è dichiarata d'ufficio dal Giudice.1
Il termine è di pagamento è sempre di sessanta giorni se il debitore è un ente pubblico che fornisce assistenza sanitaria o se è tenuto al rispetto dei requisiti di trasparenza finanziaria di cui al Decreto Legislativo n° 333 del 2003 (art. 4, 4° e 5° comma, ed art. 7, 5° comma).
Infine, le parti possono concordare termini di pagamento a rate . In questi casi, qualora una delle rate non sia pagata alla data concordata, gli interessi moratori e il risarcimento del danno e dei costi di recupero del credito previsti dagli artt. 4, 5 e 6 del Dlgs 231/2002 così come modificato dal Dlgs 192/2012 sono calcolati esclusivamente sulla base degli importi della rata o delle rate scadute (art. 4, 7° comma).
2) Il tasso degli interessi moratori dovuti per i ritardi di pagamento. Il risarcimento dei costi di recupero del credito
Il tasso dell'interesse di mora (art. 5 del Dlgs 231/2002 modificato dal Dlgs 192/2012) è pari al saggio di interesse del principale strumento di rifinanziamento 2 della Banca Centrale Europea (la BCE) rilevato il primo giorno di ogni semestre, aumentato di ben otto punti percentuali . Per esempio, se questo tasso di interesse di riferimento è del 2,20%, il tasso di interesse di mora (annuo) sarà del 10,20%. L'aumento del tasso di riferimento è di dieci punti percentuali qualora il mancato pagamento sia relativo ad un contratto avente ad oggetto la cessione di prodotti agricoli od agroalimentari (sia deteriorabili che a lunga conservazione), ai sensi del 3° comma dell'art. 62 del Decreto-Legge n° 1 del 2012, convertito in Legge n° 27 del 2012. In questo secondo caso l'aumento non è derogabile dalle parti. Riprendendo l'esempio precedente, il tasso di interesse di mora sarà, in questo secondo caso, del 12,20% annuo. Il saggio di interesse di riferimento è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana del quinto giorno lavorativo di ogni semestre. 3
Nelle transazioni commerciali tra imprese le parti possono concordare un tasso di interesse moratorio diverso purchè questo non sia gravemente iniquo per il creditore ai sensi dell'art. 7 del Dlgs 231/2002 riformato dal Dlgs 192/2012 (art. 5, 1° comma). E' sempre nullo l'accordo che esclude del tutto l'applicazione degli interessi di mora (art. 7, 3° comma).
Il creditore ha inoltre diritto al risarcimento dei costi di recupero delle somme non tempestivamente corrisposte (vale a dire delle somme non corrisposte nei termini contrattualmente convenuti od in quelli previsti dalla legge che abbiamo esaminato sopra), cioè di tutti i costi dell'attività di recupero crediti, salva la prova del maggior danno che può comprendere i costi di assistenza (per esempio, legale) per il recupero del credito e sempre che il debitore non dimostri che la causa del ritardo non è a lui imputabile.
Inoltre, al creditore spetta, senza che sia necessaria la costituzione in mora del creditore, un importo forfettario di 40 Euro a titolo di risarcimento del danno (salva, come abbiamo detto, la prova del maggior danno) (art. 6). Ai sensi dell'art. 7, 2° e 4° comma, è possibile escludere contrattualmente il risarcimento sia dei costi di recupero del credito che quello forfettario del danno subito dal creditore ma solo se vi sono ragioni oggettive per farlo (e che sono piuttosto difficili da immaginare).
3) La nullità delle clausole contrattuali relative ai vari aspetti della disciplina dei ritardi di pagamento per grave iniquità nei confronti del creditore
Le clausole contrattuali sul termine di pagamento (cioè sulla dilazione di esso) , sul tasso degli interessi moratori e sul risarcimento dei costi di recupero del credito sono nulle e devono essere dichiarate tali anche d'ufficio dal Giudice se sono gravemente inique nei confronti del creditore , avuto riguardo a tutte le circostanze del caso fra cui lo scostamento la corretta prassi commerciale in contrasto con il principio di buona fede e correttezza (vale a dire la lealtà di comportamento nelle contrattazioni e nell'esecuzione del contratto), alla natura dei beni o dei servizi oggetto del contratto, all'esistenza di motivi oggettivi per derogare al tasso degli interessi legali di mora, ai termini di pagamento od all'importo forfettario dovuto a titolo di risarcimento per i costi di recupero del credito (art. 7, 1° e 2° comma). Non possono essere dichiarate nulle, ai sensi dell'art. 1339 del Codice Civile, le clausole ed, in particolare, i prezzi di beni e servizi imposti dalla legge ed inseriti nel contratto anche in sostituzione delle clausole difformi concordate tra le parti.
Dal 1° comma dell'art. 7 del Dlgs 231/2002, dopo la riforma contenuta nel Dlgs 192/2012, sono scomparse le circostanze relative alla condizione dei contraenti (per esempio, quella dimensionale: un'impresa committente di grandi dimensioni ed una fornitrice di piccole che, per tale motivo, non può che avere un potere contrattuale decisamente inferiore a quello dell'altra parte) e dei rapporti commerciali pregressi fra i medesimi. In realtà, il Giudice può senz'altro prendere in considerazione anche queste circostanze (e fa molto bene a farlo perché sono molto importanti) dato che il 2° comma dell'art. 7 prescrive che egli, per dichiarare la grave iniquità della clausola, deve tenere conto di “ tutte le circostanze del caso ”.
Si considera sempre gravemente iniqua, senza la possibilità di dare una prova contraria, la clausola contrattuale che esclude del tutto l'applicazione degli interessi di mora, mentre si presume che sia gravemente iniqua, ma con la possibilità di provare il contrario, la clausola contrattuale che esclude il risarcimento per i costi di recupero del credito (art. 7, 3° e 4° comma).
Nelle transazioni in cui il debitore è una Pubblica Amministrazione è nulla la clausola contrattuale che predetermina o modifica la data di ricevimento della fattura. In questo caso la nullità della clausola è dichiarata d'ufficio dal Giudice (5° comma).
Infine, segnaliamo che tutti questi sono casi di “ nullità relativa ” per cui sono nulle solo le clausole individuate dall'art. 7 del Dlgs 231/2002 ma il contratto per il resto rimane valido (art. 1419, 2° comma, c.c.). 4
4) La tutela giudiziale, individuale e collettiva, del creditore
Alla tutela autonoma del singolo creditore si affianca anche quella collettiva : l'articolo 8 prevede che le associazioni di categoria degli imprenditori , in particolare, quelle delle piccole e medie imprese presenti nel CNEL, il Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro, possono chiedere al Giudice di accertare la grave iniquità , ai sensi dell'articolo 7 del Dlgs 231/2002, delle condizioni contrattuali generali concernenti il termine di pagamento, il saggio degli interessi moratori o il risarcimento dei costi di recupero dei crediti e di adottare le misure idonee a correggere o ad eliminare gli effetti dannosi delle violazioni accertate, nonché di inibire l'uso di queste clausole contenute nelle condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti ai sensi dell'art. 1341, 1° comma, del Codice Civile o contenute nei moduli o formulari contrattuali di cui all'art. 1342 c.c. (i c.d. “contratti di massa” o “contratti – tipo”).
Questa tutela collettiva giudiziale delle posizioni contrattualmente deboli delle imprese più piccole è dello stesso tipo di quella degli interessi collettivi (o “diffusi”) dei consumatori concessa alle associazioni rappresentative a livello nazionale di questi ultimi dall'articolo 3 della legge n° 281 del 1998 sulla disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti oggi riportata nell'art. 139 del Decreto Legislativo n° 206 del 2005, il “Codice del consumo”.
La tutela dell'impresa contraente debole è rafforzata anche da alcune disposizioni processuali: l'articolo 8 del Dlgs 231/2002 ha modificato l'articolo 641 del Codice di Procedura Civile prevedendo che il decreto ingiuntivo relativo al pagamento del prezzo e dei relativi interessi di mora debba essere emesso dal giudice entro trenta giorni dal deposito del ricorso. Il termine per pagare fissato nel decreto ingiuntivo è di quaranta giorni , salvo che il debitore intimato non risieda in altri stati dell'Unione Europea (in questo caso il termine è di sessanta giorni) od in stati extracomunitari (centoventi giorni).
E' stato modificato anche l'articolo 648 di questo Codice, prevedendo che il Giudice debba concedere l' esecuzione provvisoria parziale del decreto ingiuntivo opposto dal debitore, limitatamente alle somme non contestate , salvo che l'opposizione sia proposta per motivi procedurali.
Inoltre, l'articolo 10 del Dlgs 231/2002 ha sostituito il comma 3° dell'articolo 3 della Legge 192/1998 sulla disciplina della subfornitura nelle attività produttive prevedendo che la disciplina degli interessi di mora del Dlgs 231/2002 si applica anche ai pagamenti delle attività di subfornitura , che sono quelle (articolo 1°, Legge 192/1998), come abbiamo visto nel paragrafo precedente, consistenti in “ lavorazioni di semilavorati o di materie prime forniti dal committente od in forniture di prodotti o di servizi destinati ad essere incorporati nei prodotti, anche complessi, od utilizzati nell'attività economica del committente, in conformità a progetti esecutivi, conoscenze tecniche e tecnologiche, modelli o prototipi forniti dall'impresa committente ”.
In questo specifico caso si prevede che, ove il ritardo nel pagamento ecceda di trenta giorni il termine convenuto nel contratto di subfornitura, il committente incorra in una ulteriore penale del 5% dell'importo per cui non ha rispettato i termini.
Infine, ricordiamo che la disciplina sui ritardi di pagamento rinnovata dal Dlgs 192/2012 si applica alle transazioni commerciali concluse a decorrere dal 1° Gennaio 2013, per cui rimane impregiudicata tutta la questione relativa alla enorme mole di pagamenti arretrati delle Pubbliche Amministrazioni italiane, valutati fino ad 80 miliardi Euro, accumulati fino alla fine del 2012 e di cui non si sa come e quando verranno versati alle imprese creditrici.
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Note:
1 Per quanto riguarda, invece, le eventuali clausole contrattuali nelle transazioni commerciali fra imprese che spostano in avanti il termine di emissione della fattura rispetto a quanto stabilito dal combinato disposto degli artt. 21 e 6 del DPR 633/1972 (al momento della consegna o della spedizione dei beni mobili ceduti od al momento del pagamento del corrispettivo per le prestazioni di servizi), segnaliamo che il 3° comma dell'art. 4 del Decreto del Ministro delle Politche Agricole del 19 Ottobre 2012 che si riferisce ai soli contratti di cessione (vendita) di prodotti agricoli ed agroalimentari, prevede che configura pratica commerciale sleale la previsione contrattuale a carico del venditore di un termine minimo per l'emissione della fattura dopo che i prodotti sono stati consegnati , salvo il caso di consegna dei prodotti in più quote nello stesso mese, nel qual caso la fattura potrà essere emessa solo successivamente all'ultima consegna del mese. Riteniamo che questo valga per analogia per tutte le transazioni tra imprese. In caso contrario si avrebbe, sempre a nostro parere, una disparità di trattamento non giustificabile ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione.
2 Cioè di prestito alle banche ordinarie della durata di una o di due settimane, che serve per aumentare la loro liquidità e, pertanto, la loro capacità di erogare credito nel breve periodo: è, secondo la definizione dell'economia monetaria, una operazione c.d. “di mercato aperto”.
3 Chi desiderasse approfondire l'argomento del tasso di riferimento può farlo sulla pubblicazione della Banca Centrale Europea: “L'attuazione della politica monetaria nell'area dell'Euro – Caratteristiche generali degli strumenti e delle procedure di politica monetaria dell'Eurosistema” (l'ultima edizione è di Novembre 2008) o sul sito web della stessa: www.ecb.int .
4 Con la riforma è scomparsa dal 2° comma dell'art. 7 anche la previsione della grave iniquità dell'accordo che, senza essere giustificato da ragioni oggettive, ha come obbiettivo lo scopo di procurare al debitore liquidità aggiuntiva a spese del creditore e quello col quale il debitore, che sia anche l'appaltatore od il subfornitore principale impone ai propri fornitori o subfornitori (creditori) termini di pagamento ingiustificatamente più lunghi rispetto a quelli ad esso concessi dai suoi creditori. In ogni caso, però, anche queste sono circostanze che il Giudice può prendere in considerazione (ed è bene che lo faccia, perché sono molto indicative) per dichiarare la nullità delle clausole di cui all'art. 7 per grave iniquità nei confronti del creditore.