L’art. 12 del D. Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38 ha espressamente ricompreso nell'assicurazione obbligatoria la fattispecie dell'infortunio "in itinere", inserendola nell'ambito della nozione di occasione di lavoro di cui all’art. 2 del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124.
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1) Uso della bicicletta ed infortunio
L'estensione della copertura assicurativa anche all'infortunio cosiddetto "in itinere", nel caso di utilizzazione del veicolo proprio da parte dell'assicurato, consiste nell'assunzione da parte dell'ente assicuratore dei rischi connessi all'uso del veicolo, per tutto il tempo che esso venga utilizzato per coprire il tragitto che conduce l'assicurato al luogo di lavoro.
Tenuto conto del nesso fra utilizzazione e copertura assicurativa, la conclusione del viaggio, e la cessazione della indennizzabilità dell'infortunio in quanto "in itinere", si ha dunque non nel momento in cui il veicolo giunge nell'area, di pertinenza del datore, entro la quale si trova il luogo in cui specificamente va resa la prestazione o nel caso di lavoro artigianale, (come nella specie) nell'area destinata al compimento delle operazioni materiali protette, ma nel momento, necessariamente successivo, in cui l'assicurato abbandona definitivamente il mezzo di trasporto, cessando di utilizzare il veicolo per lo specifico scopo che giustifica la estensione della copertura in caso di infortunio.
Il collegamento funzionale tra uso del veicolo e necessità di raggiungere il luogo di lavoro vale a ricondurre nell'ambito dell'infortunio "in itinere" ogni incidente che si verifichi prima dell'abbandono del veicolo, sempreché l'uso di quest'ultimo possa considerarsi diretto a quell'obiettivo. Come questa Corte ha più volte affermato, l'indennizzabilità dell'infortunio "in itinere", subito dal lavoratore nel percorrere, con un mezzo proprio, la distanza tra la sua abitazione ed il luogo di lavoro, postula:
a) la sussistenza di un nesso eziologico tra il percorso seguito e l'evento, nel senso che tale percorso costituisca, per l'infortunato, quello normale per recarsi al lavoro e per tornare alla propria abitazione;
b) la sussistenza di un nesso almeno occasionale tra itinerario seguito e attività lavorativa, nel senso che il primo non sia dal lavoratore percorso per ragioni personali o in orari non collegabili alla seconda( Cass., civ., 18 aprile 2000, n. 5063).
Dalle suddette affermazioni si desume agevolmente che il rischio assunto attraverso la circolazione del veicolo, e riversato sull'Istituto assicuratore, deve restare contenuto nei limiti di quello normalmente connesso con l'uso del mezzo quale strumento di trasporto verso il luogo di lavoro.
Ne deriva, con riguardo al caso di infortunio prodottosi quando il veicolo, abbandonato il sistema della pubblica viabilità, abbia raggiunto l'area all'interno della quale la prestazione lavorativa deve svolgersi, che resta coperto il periodo entro il quale si possa parlare, secondo criteri di adeguatezza sociale, di una utilizzazione fatta per completare il viaggio, come si verifica, ad esempio, quando con il veicolo ci si sposti all'interno di quell'area, per reperire un luogo di parcheggio, e diversamente, invece, dal caso in cui per scopi diversi e non collegati ad alcuna esigenza lavorativa, il veicolo prima di essere abbandonato definitivamente, venga utilizzato per comodità personale, quale mezzo di più agevole spostamento all'interno della detta area.
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