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1) Perdite sistemiche
L’articolo 24 del D.l. 78/2010 (poi convertito in L. 122/2010) ha previsto che l’Agenzia delle entrate e la Guardia di finanza, sulla base di specifiche analisi di rischio, debbano assicurare “una vigilanza sistematica” nei confronti delle imprese che per più di un periodo d’imposta presentano perdite:
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di natura fiscale (comprese quindi anche le imprese che presentano a bilancio un utile che poi, in sede di dichiarazione dei redditi, si tramuta in una perdita a causa delle variazioni in aumento);
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non determinate da compensi erogati ad amministratori e soci;
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per le quali non risulta perfezionato (deliberato e liberato) un aumento di capitale a titolo oneroso di ammontare almeno pari a quello delle perdite stesse.
Successivamente l’Agenzia delle Entrate (con la circolare 4/E del 15.02.2011) ha chiarito che sono perdite sistemiche quelle che si verificano per almeno due anni consecutivi; le perdite non consecutive, infatti, risulterebbero occasionali e non sistemiche.
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2) La prova contraria
Di fronte alle contestazioni dell’ufficio, il contribuente può difendersi fornendo prova contraria e quindi dimostrando l’effettiva sussistenza delle perdite dichiarate, ad esempio adducendo ad una crisi del settore o ad una fase di ristrutturazione societaria. Altro elemento potrebbe essere la fruizione di agevolazioni fiscali senza le quali la perdita non si sarebbe prodotta. Per l’impresa neo-costituita dimostrare l’effettività delle perdite è più semplice, infatti esse risultano quasi “fisiologiche” tanto che è la legge stessa a prevedere la possibilità del riporto illimitato delle perdite prodotte nei primi 3 anni di esercizio dell’attività.