La Corte di Cassazione afferma che la dichiarazione dei redditi è un atto modificabile da parte del contribuente anche se
• nel caso di modifica prima della liquidazione, l’Ufficio accertatore deve rispettare i nuovi valori indicati;
• nel caso di modifiche successive alla liquidazione il contribuente deve provare la correttezza del suo operato.
IL CASO
La questione nasce dall’impugnazione di un avviso di accertamento basato sulla applicazione dei parametri da parte di un contribuente che si era visto rideterminare ai fini IRPEF un maggior reddito di impresa, per il periodo di imposta 1996.
Avverso tale avviso il contribuente si rivolgeva alla Commissione Tributaria Provinciale che parzialmente accoglieva il ricorso, riducendo i ricavi accertati in base all’applicazione dei parametri.
Contro la decisione della Commissione Provinciale, l’Agenzia ricorreva alla Commissione Tributaria Regionale che accoglieva il ricorso.
Il contribuente ricorreva in Cassazione adducendo sette motivi.
La Cassazione rigetta il ricorso in quanto giurisprudenza di legittimità ha affermato che la procedura di accertamento standardizzato tramite i parametri o gli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata ma deriva dal contraddittorio obbligatorio.
La Corte di Cassazione sottolinea che i giudici di appello hanno legittimamente affermato che al contribuente erano stati valutati i maggiori ricavi determinati dalla non presentazione di documenti che sarebbero stati resi necessari all’amministrazione finanziaria per fare una diversa valutazione.
Importante è ancora ricordare un altro aspetto della questione ritrovabile nella contestazione dell'insussistenza dei due errori della dichiarazione.
A questo proposito la Cassazione ricorda i principi per i quali "l'emendabilità, in via generale, di qualsiasi errore, di fatto a di diritto, anche se non direttamente rilevabile dalla stessa dichiarazione, si fonda sulla impossibilità di assoggettare il dichiarante ad oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico, in conformità con i principi costituzionali della capacità contributiva (art. 53 Cost.) e della oggettiva correttezza dell'azione amministrativa (art. 97 Cost.) e la possibilità di rettifica non incontra limiti nella natura della dichiarazione perché questa non si configura quale atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza o di giudizio, modificabile in ragione dell'acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti, e costituisce un momento dell'iter procedimentale volto all'accertamento dell'obbligazione tributaria.
Dunque la Corte ribadisce che la possibilità di modificare la dichiarazione produce effetti diversi considerando il tempo in cui si verifica.
1) Commento alla Sentenza della Cassazione n. 22553/2010
Per un commento a questa sentenza ed il testo integrale scarica il documento completo al seguente link:
Modifiche nella dichiarazione redditi dopo l’accertamento: onere della prova a carico del contribuente - Sent. Cass. n. 22553 del 5 Novembre 2010