- sanzioni pecuniarie, consistenti nel versamento di una somma di denaro;
- sanzioni accessorie (articolo 21 del Decreto Legislativo numero 472 del 18 Dicembre 1997) che possono essere irrogate sono nei casi tassativamente previsti.
Le sanzioni amministrative accessorie sono date da:
- l'interdizione, per una durata massima di sei mesi, dalle cariche di amministratore, sindaco o revisore di società di capitali o di enti con personalità giuridica, pubblici o privati;
- l'interdizione dalla partecipazione a gare per l'affidamento di pubblici appalti e forniture, per la durata massima di sei mesi;
- l'interdizione dal conseguimento di licenze, concessioni o autorizzazioni amministrative per l'esercizio di imprese o di attività di lavoro autonomo e la loro sospensione, per la durata massima di sei mesi;
- la sospensione, per la durata massima di sei mesi, dall'esercizio di attività di lavoro autonomo o di impresa diverse da quelle indicate nel precedente punto.
La somma irrogata a titolo di sanzione amministrativa accessoria non è produttiva di interessi.
Dopo una breve introduzione vediamo di analizzare il tema dell'omesso versamento di un tributo per causa imputabile ad un consulente.
1) IMPORTO DELLA SANZIONE E PRINCIPIO DI COLPEVOLEZZA
Importo della sanzione
I limiti minimi e massimi e l'importo della sanzione possono essere oggetto di aggiornamento ogni tre anni in misura pari all'intera variazione accertata dall'Istat dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nei tre anni precedenti; entro il 30 Giugno successivo al termine del triennio, il ministro delle finanze, assieme al ministro del tesoro, fissa le nuove misure, indicandone anche la decorrenza.
Principio di colpevolezza
Il soggetto che, al momento in cui ha commesso il fatto, non aveva la capacità di intendere e di volere (secondo le disposizioni previste dal codice penale), non può essere assoggettato a sanzione.
Nelle violazioni a fronte delle quali vengono irrogate sanzioni amministrative, ogni soggetto risponde della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa.
La colpa viene giudicata “grave” nelle ipotesi in cui l'imperizia o la negligenza del comportamento sono indiscutibili.
A seguito di questa breve introduzione, viene trattato ora il tema dell'omesso versamento di un tributo per causa imputabile ad un consulente.
2) CASO DI OMESSO VERSAMENTO DI UN TRIBUTO PER CAUSA IMPUTABILE AD UN CONSULENTE
Nel caso in cui un contribuente non versa un tributo per causa imputabile all'inadempimento di un consulente, al quale è stato conferito mandato per eseguire tale adempimento, e la cui colpa risulta verificata mediante sentenza penale diventata irrevocabile, al contribuente viene applicato l'articolo 6 del Decreto Legislativo numero 472 del 1997, vale a dire la causa di non punibilità .Il principio della non punibilità è stato richiamato nella sentenza numero 884 emessa dalla Cassazione in data 15 Gennaio 2009. Il caso trattato dalla Cassazione aveva ad oggetto un atto di accertamento notificato dall'Ufficio al contribuente, con il quale veniva contestata la violazione di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi ai fini delle imposte dirette (Irpef), il mancato pagamento dell'imposta derivante dalla dichiarazione stessa (successivamente versata) e venivano irrogate le rispettive sanzioni. Il contribuente aveva impugnato l'atto in Commissione tributaria, rilevando il fatto che egli aveva provveduto a conferire mandato ad un consulente per il pagamento dell'imposta e che questi non avrebbe poi provveduto ad adempiere, sollevando l'applicazione dell'articolo 6, comma 3, del Decreto Legislativo numero 472 del 1997 (cause di non punibilità).
Le cause di non punibilità sono le seguenti:
- se la violazione è conseguenza di errore sul fatto, l'agente non viene ritenuto responsabile quando l'errore non è determinato da colpa;
- non è punibile il soggetto che commette la violazione quando essa è determinata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferiscono, nonché da indeterminatezza delle richieste di informazioni o dei modelli per la dichiarazione e per il versamento;
- il contribuente, il sostituto ed il responsabile d'imposta sono punibili nelle ipotesi in cui dimostrino che il versamento del tributo non è stato effettuato per fatto denunciato all'autorità giudiziaria e addebitabile esclusivamente a terzi;
- l'ignoranza della legge tributaria non acquisisce rilevanza se non si tratta di ignoranza inevitabile;
- non può essere punito il soggetto che ha commesso il fatto per forza maggiore.
La Corte di Cassazione innanzitutto ha evidenziato come emerge con chiarezza il fatto che il contribuente aveva conferito mandato ad un consulente per il versamento delle somme dovute all'Erario mediante la consegna della somma necessaria a tal scopo. Inoltre, il contribuente ha esposto denuncia contro il consulente, nei cui confronti era stato aperto un procedimento penale, terminato con una sentenza di condanna. Quindi, la denuncia e la sentenza dimostrano che il fatto è stato denunciato all'autorità giudiziaria e che l'omesso versamento del tributo è attribuibile per colpa del consulente, accertata mediante sentenza.
Il secondo comma, dell'articolo 1, della Legge numero 423 del 1995, prevede la sospensione del ruolo relativo alla sanzione irrogata nei confronti del contribuente, quando questi abbia pagato l'imposta, abbia presentato apposita istanza all'Amministrazione Finanziaria, alla quale deve essere allegata copia della denuncia del fatto illecito, e abbia dimostrato di aver corrisposto le somme al professionista necessarie per il versamento omesso, ritardato o insufficiente. Se tale procedimento viene rispettato, a parere dell'Amministrazione Finanziaria, il contribuente è esentato da colpa. Tale presa di posizione non risulta essere condivisa dalla Corte di Cassazione. Secondo la Cassazione l'esimente può essere applicata solamente nelle ipotesi in cui non solo vi sia stato l'affidamento al terzo, la sua denuncia presso l'autorità giudiziaria, ma anche sentenza di condanna a carico di quest'ultimo. Quindi, la Cassazione ritiene indispensabile un accertamento con sentenza irrevocabile della colpevolezza del terzo incriminato.
Nel caso di ricorso alle commissioni tributarie, vengono applicate le disposizioni sul processo tributario (comma 1 e 2 dell'articolo 68, del Decreto Legislativo numero 546 del 31 Dicembre 1992).