L’Adozione di maggiorenni, introdotta con la L. 1983 n. 184, sin da subito, ha avuto la funzione principale di dare un erede a chi non ce l’ha; il codice civile sanciva che fosse consentita solo a chi, coniugato o no, non avesse discendenti legittimi o legittimati, ma la Corte Costituzionale è intervenuta nel 1988 con sentenza n. 557 innovando al riguardo e dichiarando illegittimo l’articolo del codice civile nella parte in cui non consente l’adozione in caso di discendenti di sangue legittimi o legittimati maggiorenni e consenzienti così permettendo l’adozione anche a chi ha già discendenza di sangue (un’altra sentenza del 2004, sempre della Corte Costituzionale, ha confermato).
In questo tipo di adozione occorre il consenso sia dell’adottato che dei suoi genitori, nonché quello del coniuge dell’adottante se questi è sposato.
Inoltre, se l’adottante ha discendenti di sangue, occorre anche il consenso di costoro.
I requisiti e i limiti esistenti affinché si possa procedere a questo tipo di adozione, sono:
a) l’adottante deve aver compiuto i 35 anni ;
b) l’adottante deve avere almeno 18 anni in più della persona che va ad adottare (non esistono invece limiti di età massima né per l’adottato né per l’adottante);
c) l’impossibilità all’adozione in caso di figli, anche naturali, minorenni o maggiorenni e dissenzienti (Corte Costituzionale n. 245/2004);
d) la possibilità di adottare sia per le coppie che per i single;
Con questo stato, l’adottato resta comunque nella famiglia di origine e vi conserva i diritti e i doveri, ma assume in più, rispetto all’adottante, una posizione simile a quella del figlio legittimo, acquisendo i diritti successori di figlio da parte dell’adottante, nonché l’obbligo reciproco degli alimenti; aggiunge in più, anteponendolo al proprio, il cognome dell’adottante; se viene adottato da coniugi, assumerà il cognome del marito.
L’adozione infine non comporta nessun rapporto civile tra l’adottante e la famiglia dell’adottato, né tra l’adottato e i parenti dell’adottante, salve alcune eccezioni.
1) Accertamenti del Tribunale
Il Tribunale, assunte le opportune informazioni, deve verificare:
1) se sono state adempiute tutte le condizioni e i requisiti richiesti dalla legge;
2) se l’adozione conviene all’adottato.
2) Provvedimento del Tribunale
Il Tribunale, riunito in Camera di Consiglio, sentito il Pubblico Ministero, provvede con decreto motivato e decide se far luogo o meno all’adozione;
l’adottante, l’adottato e il Pubblico Ministero, entro 30 giorni dalla comunicazione di tale provvedimento, possono anche impugnarlo con un reclamo alla Corte d’Appello.
Una volta divenuto esecutivo il provvedimento di adozione, questo viene poi trascritto a cura del Cancelliere del Tribunale e infine comunicato all’Ufficiale di Stato Civile che provvederà poi all’annotazione nell’atto di nascita dell’adottato.
L’adozione produce i suoi effetti dalla data del decreto che la pronuncia e finchè non è emanato tale decreto, essa può essere revocata sia dall’adottante che dall’adottato.
Questo tipo di adozione può essere revocata con provvedimento del Tribunale sia, su iniziativa dell’adottante e dei suoi eredi, per indegnità dell’adottato sia, su iniziativa dell’adottato, per indegnità dell’adottante.