Chiarimenti sul trattamento fiscale dell'indennità correlata alla cessazione del rapporto di lavoro con la pubblica Amministrazione sono stati forniti nella risposta dell'Agenzia n. 425 pubblicata l'8 settembre 2023
Il Fondo di previdenza del MEF istituito DPR 17 marzo 1981, n. 211 a seguito della fusione di più fondi preesistenti, chiedeva in particolare il corretto trattamento fiscale sull'indennità aggiuntiva che viene erogata ai propri iscritti alla cessazione del rapporto di lavoro con l'Amministrazione, alla luce dei recenti arresti di Cassazione contrastanti con la prassi dell'amministrazione.
Nell'interpello l'istante precisava di avere utilizzato fino ad oggi i criteri dettati dalla circolare del Ministero delle Finanze Imposte Dirette 5 febbraio 1986, n. 2, e confermati dall'interpello n. 954383/2008 che sottopone a tassazione separata
In quest'ultima voce sono ricompresi appunto i trattamenti aggiuntivi di fine rapporto (ragguagliati agli anni di effettivo servizio)
il contrario avviso della Corte di Cassazione, che ha ricondotto invece tali erogazioni alle ''indennità equipollenti'' , che ha generato un rilevante contenzioso
e ha riconosciuto agli iscritti cessati dal servizio il diritto al rimborso delle ritenute IRPEF indebitamente applicate.
Si riportano per chiarezza i due commi citati
"comma 2 . Le altre indennità e somme indicate alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 16, anche se commisurate alla durata del rapporto di lavoro e anche se corrisposte da soggetti diversi dal datore di lavoro, sono imponibili per il loro ammontare complessivo, al netto dei contributi obbligatori dovuti per legge, con l'aliquota determinata agli effetti del comma 1. Tali indennità e somme, se corrisposte a titolo definitivo e in relazione ad un presupposto non connesso alla cessazione del rapporto di lavoro che ha generato il trattamento di fine rapporto, sono imponibili per il loro ammontare netto con l'aliquota determinata con i criteri di cui al comma 1.
2-bis. Le indennità equipollenti, comunque denominate, commisurate alla durata dei rapporti di lavoro dipendente di cui alla lettera a), del comma 1, dell'articolo 16, sono imponibili per un importo che si determina riducendo il loro ammontare netto di una somma pari a L. 600.000 (oggi 309,87 euro) per ciascun anno preso a base di commisurazione, con esclusione dei periodi di anzianità convenzionale; per i periodi inferiori all'anno la riduzione è rapportata a mese. Se il rapporto si svolge per un numero di ore inferiore a quello ordinario previsto dai contratti collettivi nazionali di lavoro, la somma è proporzionalmente ridotta. (...)L'ammontare netto delle indennità, alla cui formazione concorrono contributi previdenziali posti a carico dei lavoratori dipendenti e assimilati, è computato previa detrazione di una somma pari alla percentuale di tali indennità corrispondente al rapporto, alla data del collocamento a riposo o alla data in cui è maturato il diritto alla percezione, fra l'aliquota del contributo previdenziale posto a carico dei lavoratori dipendenti e assimilati e l'aliquota complessiva del contributo stesso versato all'ente, cassa o fondo di previdenza.».
Nella risposta l'Agenzia richiama la norma e ricorda che nel documento di prassi citato si sottolineava come " ove il dipendente abbia diritto a più indennità, il carattere di indennità ''equipollente'' non potrà che essere assegnato a quella ''principale'', spettante per il rapporto di pubblico impiego che lega il beneficiario all'ente o organismo di appartenenza."
La Corte di cassazione è intervenuta affermando che l'indennità erogata dal Fondo di previdenza è comunque qualificabile come ''equipollente'' al TFR, quindi soggetta a imposta forfettaria .
Sul tema è stata formulata , a seguito dell'interpello una richiesta di parere all'Avvocatura Generale dello Stato che, con nota prot. n. 168969/2023, sintetizza cosi la posizione consolidata della Corte di Cassazione:
«l'indennità erogata al dipendente, all'atto della cessazione dal servizio, dal Fondo di previdenza (...) ha funzione previdenziale ed è assimilabile all'indennità equipollente di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 17, comma 1, rappresentando una forma di retribuzione differita con applicazione di tassazione separata e non integrale, escludendosi che trattasi di contributi diretti a carico del dipendente e da questi interamente versati al fondo previdenziale, in quanto esclusi, tout court, dalla tassazione».
Ai fini della determinazione della base imponibile, l'Avvocatura Generale dello Stato conclude dunque che «il fondo ha natura composita, ma non riviene direttamente da contributi versati dai lavoratori, e dunque non va applicato il criterio di riduzione del calcolo dell'imponibile previsto dall'art. 19, comma 2bis, ultimo periodo, del T.U.I.R., (stante, per l'appunto, l'assenza di quote contributive a carico del dipendente) mentre va riconosciuta la deduzione forfettaria di cui al primo periodo del citato art. 19, comma 2bis del T.U.I.R.».
Pertanto, sulla base di quanto sopra rappresentato,l'Agenzia, adottando la nuova posizione , ritiene che l'indennità erogata dall'Ente ai dipendenti al momento della cessazione dal servizio debba essere assoggettata a tassazione separata, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera a), del Tuir, e sia imponibile, ai sensi dell'articolo 19, comma 2bis, del Tuir, per un importo che si determina riducendo l'ammontare netto di una somma pari a euro 309,87 per ciascun anno di servizio, senza tener conto dell'ulteriore riduzione prevista dall'ultimo periodo della citata disposizione in quanto non è previsto il versamento di contributi a carico dei dipendenti.
Ti potrebbero interessare i seguenti ebook della Collana Facile per tutti: