News Pubblicata il 18/07/2023

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Lavoro part time: ok al corso di formazione oltre l'orario

di Redazione Fisco e Tasse

Per la Cassazione è legittimo il licenziamento del dipendente che non frequenta un corso di formazione nell'orario di lavoro "supplementare" Le condizioni nella sentenza 20259/23



La corte di Cassazione ha affermato nella sentenza 20259 del  14 luglio  2023 che anche il dipendente in orario part time ha l'obbligo di frequenza dei corsi sulla sicurezza pena il licenziamento.  Nell'orario di lavoro infatti vanno conteggiate le ore di possibile  lavoro supplementare previste dal contratto applicato. Di seguito vediamo in dettaglio il caso e le motivazioni  dell'interpretazione ampia  della Suprema Corte sulla normativa applicabile

Licenziamento per mancata formazione del dipendente con contratto a tempo parziale 

un dipendente a tempo parziale di s.p.a. è stato licenziato per giustificato motivo oggettivo motivato con la impossibilità per la società datrice di  lavoro avvalersi della  sua prestazione in quanto  il dipendente aveva rifiutato di  completare il corso di formazione sulla sicurezza di lavoro  . Si trattava di 4 ore residue  per le quali il lavoratore aveva rifiutato  per sei volte di completare la partecipazione al corso  anche in orari concordati tra le parti . Il suo ricorso contro  il licenziamento in cui adduceva la motivazione ritorsiva da parte delle società,   veniva accolto dal tribunale e respinto invece dalla Corte  di appello la quale ha ritenuto che il lavoratore fosse tenuto all'effettuazione della formazione nell'orario a tal fine stabilito dalla società, come prestazione di lavoro  straordinario, esigibile dalla società.

Il dipendente ha quindi chiesto la cassazione della sentenza sostenendo che la normativa  prescrive che la formazione deve avvenire durante l'orario di lavoro, oltre  che senza oneri economici a carico dei lavorator  ,e  implica, in ipotesi di lavoro a tempo parziale, la necessità dell'espletamento dei corsi di formazione in orario corrispondente  all'orario contrattuale , il quale nello specifico prevedeva  una prestazione  di 20 ore settimanali su cinque giorni alla settimana, dalle ore 6.00 alle ore 10, in  modo fisso e senza clausole di flessibilità. Il ricorso specificava che il d. Igs. n. 81/2015,  consente il potere datoriale di variazione dell'orario solo con le modalità e alle condizioni previste dalla  contrattazione collettiva (d. Igs. n. 61/2000) e regola con rigore anche il ricorso al lavoro supplementare

Il ricorso affermava  inoltre che costituiva onere della società dimostrare sia la impossibilità di effettuazione dei corsi di formazione in orario corrispondente all'orario  di lavoro del dipendente, sia la «intollerabilità» per la società del periodo di. assenza, inferiore all'anno dal rientro, determinato dalla mancata ammissione al lavoro   per non avere il dipendente completato il prescritto iter formativo, sia la concreta  rilevanza di tale assenza, a fronte di una società con migliaia di lavoratori, rispetto alle mansioni semplici  di pulitore quale era il ricorrente.

Orario supplementare nel contratto part time: la decisione della Cassazione 

 La Cassazione nella sentenza precisa che  il licenziamento è legittimo in quanto è preponderante   l'obbligo per il soggetto datore di. assicurare ai dipendenti una adeguata formazione in materia di tutela della salute e sicurezza, è previsto dal  d. Igs. 81/2008, di attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123. In particolare , il comma 12  stabilisce che "La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici, ove presenti nel settore e nel territorio in cui si svolge l'attività' del datore di lavoro, durante l'orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori".

Per quanto riguarda il  lavoratore a tempo parziale la norma chiede di verificare se la formazione in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro debba necessariamente essere impartita in orario 

corrispondente a quello concordato tra le parti in sede di contratto o anche u, successivamente, o, invece, ed in che limiti, possa avvenire in orario non coincidente  con la normale articolazione oraria della prestazione.

Il collegio ha ritenuto che il  dato testuale dell'art. 37, comma 12, d. Igs. n. 81/2008,  si limita a stabilire che la formazione debba avvenire "durante l'orario di lavoro", senza ulteriori  specificazioni .

Facendo  riferimento all'art. 1, comma 2 I. n. 66/2003 , gli ermellini affermano che  l'orario di lavoro è "qualsiasi periodo in cui il  lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni" e che si puo trattare anch di attività prestata in orario eccedente a quello ordinario o  "normale",  fermo restando l'applicazione delle prescritte   maggiorazioni della retribuzione 

La Cassazione aggiunge inoltre  una considerazione di ordine generale che   scaturisce dalla rilevanza, anche  costituzionale,  della ratio di tutela del bene "sicurezza" e del bene "salute" sui luoghi di lavoro del d. Igs. n. 81/2015. La necessità per il dipendente un'adeguata formazione è indispensabile a prevenire rischi per la sicurezza e la salute non solo del singolo ma  della intera comunità dei lavoratori nonché dei terzi che vengano in contatto con  l'ambiente di lavoro per cui  la pretesa del ricorrente è giudicata meno rilevante e sarebbe irragionevole una lettura rigida della normativa quale quella presentata dal lavoratore.

Necessario  quindi intendere l' espressione "orario di lavoro", come  comprensiva anche dell'orario relativo a prestazioni esigibili :

Va quindi verificato il  limite di esigibilità della prestazione di lavoro in orario  diverso da quello concordato con il dipendente a tempo parziale,  che la  disciplina nel DLgs. 81/2015,  art. 6 comma 2 p statuisce in  misura non superiore al 25% delle ore di lavoro settimanali 

Nel caso di specie le 4 ore richieste  rispetto alle 20 ore settimanali del contratto  sarebbero  perfettamente rientrate nel limite del 25% .

Per questi motivi la Suprema corte conferma la sentenza di merito sulla legittimità del licenziamento intervenuto.

Fonte: Corte di Cassazione



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