La corte di Cassazione ha affermato nella sentenza 20259 del 14 luglio 2023 che anche il dipendente in orario part time ha l'obbligo di frequenza dei corsi sulla sicurezza pena il licenziamento. Nell'orario di lavoro infatti vanno conteggiate le ore di possibile lavoro supplementare previste dal contratto applicato. Di seguito vediamo in dettaglio il caso e le motivazioni dell'interpretazione ampia della Suprema Corte sulla normativa applicabile
un dipendente a tempo parziale di s.p.a. è stato licenziato per giustificato motivo oggettivo motivato con la impossibilità per la società datrice di lavoro avvalersi della sua prestazione in quanto il dipendente aveva rifiutato di completare il corso di formazione sulla sicurezza di lavoro . Si trattava di 4 ore residue per le quali il lavoratore aveva rifiutato per sei volte di completare la partecipazione al corso anche in orari concordati tra le parti . Il suo ricorso contro il licenziamento in cui adduceva la motivazione ritorsiva da parte delle società, veniva accolto dal tribunale e respinto invece dalla Corte di appello la quale ha ritenuto che il lavoratore fosse tenuto all'effettuazione della formazione nell'orario a tal fine stabilito dalla società, come prestazione di lavoro straordinario, esigibile dalla società.
Il dipendente ha quindi chiesto la cassazione della sentenza sostenendo che la normativa prescrive che la formazione deve avvenire durante l'orario di lavoro, oltre che senza oneri economici a carico dei lavorator ,e implica, in ipotesi di lavoro a tempo parziale, la necessità dell'espletamento dei corsi di formazione in orario corrispondente all'orario contrattuale , il quale nello specifico prevedeva una prestazione di 20 ore settimanali su cinque giorni alla settimana, dalle ore 6.00 alle ore 10, in modo fisso e senza clausole di flessibilità. Il ricorso specificava che il d. Igs. n. 81/2015, consente il potere datoriale di variazione dell'orario solo con le modalità e alle condizioni previste dalla contrattazione collettiva (d. Igs. n. 61/2000) e regola con rigore anche il ricorso al lavoro supplementare
Il ricorso affermava inoltre che costituiva onere della società dimostrare sia la impossibilità di effettuazione dei corsi di formazione in orario corrispondente all'orario di lavoro del dipendente, sia la «intollerabilità» per la società del periodo di. assenza, inferiore all'anno dal rientro, determinato dalla mancata ammissione al lavoro per non avere il dipendente completato il prescritto iter formativo, sia la concreta rilevanza di tale assenza, a fronte di una società con migliaia di lavoratori, rispetto alle mansioni semplici di pulitore quale era il ricorrente.
La Cassazione nella sentenza precisa che il licenziamento è legittimo in quanto è preponderante l'obbligo per il soggetto datore di. assicurare ai dipendenti una adeguata formazione in materia di tutela della salute e sicurezza, è previsto dal d. Igs. 81/2008, di attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123. In particolare , il comma 12 stabilisce che "La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici, ove presenti nel settore e nel territorio in cui si svolge l'attività' del datore di lavoro, durante l'orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori".
Per quanto riguarda il lavoratore a tempo parziale la norma chiede di verificare se la formazione in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro debba necessariamente essere impartita in orario
corrispondente a quello concordato tra le parti in sede di contratto o anche u, successivamente, o, invece, ed in che limiti, possa avvenire in orario non coincidente con la normale articolazione oraria della prestazione.
Il collegio ha ritenuto che il dato testuale dell'art. 37, comma 12, d. Igs. n. 81/2008, si limita a stabilire che la formazione debba avvenire "durante l'orario di lavoro", senza ulteriori specificazioni .
Facendo riferimento all'art. 1, comma 2 I. n. 66/2003 , gli ermellini affermano che l'orario di lavoro è "qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni" e che si puo trattare anche di attività prestata in orario eccedente a quello ordinario o "normale", fermo restando l'applicazione delle prescritte maggiorazioni della retribuzione
La Cassazione aggiunge inoltre una considerazione di ordine generale che scaturisce dalla rilevanza, anche costituzionale, della ratio di tutela del bene "sicurezza" e del bene "salute" sui luoghi di lavoro del d. Igs. n. 81/2015. La necessità per il dipendente un'adeguata formazione è indispensabile a prevenire rischi per la sicurezza e la salute non solo del singolo ma della intera comunità dei lavoratori nonché dei terzi che vengano in contatto con l'ambiente di lavoro per cui la pretesa del ricorrente è giudicata meno rilevante e sarebbe irragionevole una lettura rigida della normativa quale quella presentata dal lavoratore.
Necessario quindi intendere l' espressione "orario di lavoro", come comprensiva anche dell'orario relativo a prestazioni esigibili :
Va quindi verificato il limite di esigibilità della prestazione di lavoro in orario diverso da quello concordato con il dipendente a tempo parziale, che la disciplina nel DLgs. 81/2015, art. 6 comma 2 p statuisce in misura non superiore al 25% delle ore di lavoro settimanali
Nel caso di specie le 4 ore richieste rispetto alle 20 ore settimanali del contratto sarebbero perfettamente rientrate nel limite del 25% .
Per questi motivi la Suprema corte conferma la sentenza di merito sulla legittimità del licenziamento intervenuto.
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