Con l’ordinanza numero 15618 del giorno 1 giugno 2023, la Corte di Cassazione si è occupata di una questione dagli interessanti risvolti pratici.
Viene preso in esame il caso in cui una società, già in liquidazione, aveva lasciato un credito IVA in compensazione sulla dichiarazione annuale, trovandosi poi nell’impossibilità di utilizzarlo in conseguenza dell’estinzione della compagine sociale, a seguito della cancellazione dal Registro delle imprese.
Come si deduce dall’analisi della Corte, per quanto specifico, il caso in esame è anche generale, in quanto la situazione esaminata può riguardare tutti i contribuenti, sia le società che le persone fisiche: la fattispecie in discussione è quella del credito di imposta, lasciato in compensazione, che si riveli impossibile da compensare per estinzione del contribuente.
Va da sé, inoltre, che il caso dell’IVA, qui esaminato, si estende per assimilazione anche a Irpef, Ires e Irap.
La Corte rileva come, in questi casi eccezionali e definitivi, quali l’estinzione della società o la morte della persona fisica, non importa il fatto che il credito sia stato lasciato in compensazione: la sopraggiunta impossibilità ad utilizzarlo trasforma la dichiarazione di compensazione in richiesta di rimborso.
Da un punto di vista operativo, si ricorda che l’istanza di rimborso si tramette tramite la dichiarazione annuale, indicando i crediti d’imposta spettanti sulla casella relativa al rimborso dei quadri VX o RX: nel momento in cui questi crediti sono lasciati in compensazione, anche se non vengono poi utilizzati in conseguenza dell’estinzione del contribuente, le procedure amministrative per il rimborso non si attiveranno in automatico: sarà comunque necessario l’intervento attivo di coloro che erediteranno i crediti (si ricorda che con lo scioglimento di una società può avvenire un fenomeno successorio in favore dei soci).
Però, ci dice la Corte di Cassazione, l’istanza di rimborso dovrà essere considerata già presentata con la dichiarazione con cui il credito in questione si lascia in compensazione; e, a questo fine, varrà la prescrizione decennale a partire dalla presentazione di questa.
Ciò che cambia è che “pur in presenza di erronea esposizione in dichiarazione, cionondimeno non si applica al rimborso il termine di decadenza biennale previsto dall'articolo 21, comma 2, del Decreto Legislativo numero 546 del 1992 quanto, piuttosto, il termine ordinario decennale di prescrizione, là dove la compensazione non possa più essere effettuata, come, per l'appunto, nell'ipotesi di cessazione dell'attività - da intendersi quale messa in liquidazione della società, comunicata all'autorità che aveva rilasciato la licenza e non, invece, quale suo scioglimento o sua cancellazione, successivi alla data della domanda di rimborso - ovvero morte del contribuente”.
Ovviamente sarà comunque sempre nel diritto dell’ufficio richiedere la documentazione comprovante l’esistenza del credito d’imposta da dichiarazione per cui si chiede il rimborso.
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