Con il pronto ordini n. 139 del 9 marzo il CNDCEC si occupa di fornire chiarimenti in caso di incompatibilità della professione con l'esercizio dell’attività d’impresa.
Veniva chiesto un parere in merito ai seguenti punti:
1. se una società commerciale avente ad oggetto attività tipiche della professione (l’esempio riferito dall’Ordine è l’amministrazione e legale rappresentanza di società), ancorché non riservate dalla legge agli iscritti, si debba considerare, ai fini della verifica dell’incompatibilità, assimilata alle società di servizi strumentali, con la conseguenza che l’iscritto che ne sia socio (n.d.r. con interesse economico prevalente) e amministratore (n.d.r. con tutti o ampi poteri gestionali) sarebbe soggetto alla verifica in ordine alla prevalenza del fatturato da attività professionale rispetto al fatturato della società ascrivibile all’iscritto;
2. ovvero, esclusa l’assimilabilità alle società di servizi, se la medesima si debba considerare genericamente una società commerciale con la conseguente sussistenza di incompatibilità in capo all’iscritto;
3. o infine, se la attività di amministrazione e legale rappresentanza di società, enti e trust etc. possa costituire oggetto sociale di una STP in cui un iscritto sia socio d’opera e amministratore con la conseguenza che la società commerciale potrebbe trasformarsi in una STP avente ad oggetto solo tale specifica attività e non anche tutte le altre attività oggetto della professione di dottore commercialista.
Il CNDCEC ricorda che l’art. 4, co. 1, lett. c), del Decreto legislativo n. 139 del 28 giugno 2005 dispone l’incompatibilità tra l’esercizio della professione e “l'esercizio, anche non prevalente, né abituale dell'attività di impresa, in nome proprio o altrui e, per proprio conto, di produzione di beni o servizi, intermediaria nella circolazione di beni o servizi, tra cui ogni tipologia di mediatore, di trasporto o spedizione, bancarie, assicurative o agricole, ovvero ausiliarie delle precedenti”.
Si tratta dei casi di gestione dell’impresa svolta per proprio conto, in nome proprio o altrui, ossia per soddisfare un interesse commerciale proprio.
Nel caso in cui l’attività di impresa sia esercitata per il tramite di una società di capitali, come evidenziato dalle Note interpretative della disciplina delle incompatibilità diffuse dal Consiglio Nazionale, l’incompatibilità ricorre solo nel caso in cui l’iscritto sia titolare di un interesse economico prevalente nella società e rivesta contestualmente, nella medesima, la carica di amministratore con tutti o ampi poteri gestori.
Il citato articolo 4, al successivo comma 2, peraltro, esclude l’incompatibilità:
In tale ultimo caso le Note interpretative precisano che la suddetta fattispecie di esclusione tiene conto, della circostanza che l’attività di amministrazione di aziende è una di quelle che, per legge, formano oggetto della professione.
Tale impostazione rispecchia l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale l’attività di impresa (intesa come gestione dell’impresa) non è incompatibile con l’esercizio della professione qualora l’amministrazione si configuri come mero incarico professionale.
Il discrimine, quindi, tra attività consentita e vietata, va ricondotto al concetto di amministrazione su mandato ricevuto dal cliente in considerazione della propria competenza professionale, in contrapposizione, come già evidenziato, con l’amministrazione di società svolta a soli fini imprenditoriali per soddisfare un interesse commerciale proprio, senz’altro presente laddove il professionista abbia un interesse economico prevalente.
Dinanzi a situazioni di esercizio di attività d’impresa in capo ad un iscritto, l’Ordine dovrà dunque verificare se sussista una delle sopraindicate fattispecie di esclusione dell’incompatibilità.
Ciò premesso, il CNDCEC:
In riferimento al quesito n. 3, premesso che:
si evidenzia che non è tecnicamente possibile trasformare, ai sensi degli artt. 2498 e ss c.c., una società non professionale in una STP in quanto quest’ultima non rappresenta un tipo societario autonomo.
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