La remissione in bonis non è utilizzabile per sanare il mancato versamento ai fini della proroga di 5 anni del regime agevolato per i lavoratori impatriati. Lo ribadisce l'Agenzia delle Entrate nella Risposta a Interpello n 223 del 22 febbraio 2023 .
La richiesta di chiarimenti riguardava un cittadino italiano per molti anni residente fiscalmente in Polonia, iscritto all'AIRE e rientrato in Italia nel 2016, che dal 2017 aveva fruito del regime “impatriati” (articolo 16, Dlgs n. 147/2015).
Come noto l'agevolazione è stata modificata con la possibilità di proroga su opzione dell'interessato per ulteriori 5 anni , con riduzione dell'imponibile fino al 90% in caso siano presenti figli minori o venga acquistato un immobile residenziale in Italia.
La novità riguardava anche gli iscritti all’Aire ei cittadini Ue che avevano trasferito la residenza prima del 2020 e che, alla data del 3 dicembre 2019, risultavano beneficiari del “regime impatriati” (legge di bilancio 2021), come nel caso dei richiedente.
Nell'interpello si evidenziava che per "un mero errore materiale" il lavoratore non aveva effettuato il versamento necessario per perfezionare l'opzione entro il 30 giugno 2022 e chiedeva quindi se, per non perdere il prolungamento della tassazione ridotta , fosse possibile ricorrere all'istituto della remissione in bonis di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 16 del 2012.
Nella risposta l’Agenzia delle entrate dopo la consueta illustrazione dettagliata della normativa e prassi sulla disciplina rigetta la soluzione proposta per mancanza dei presupposti . Infatti afferma che tale articolo prevede che:
"la fruizione di benefici di natura fiscale o l'accesso a regimi fiscali opzionali, subordinati all'obbligo di preventiva comunicazione ovvero ad adempimento di natura formale tempestivamente eseguiti, non è preclusa, sempre che la violazione non sia stata constatata o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento (...) .
L'agenzia sottolinea che il mancato versamento del dovuto non può essere considerato inadempimento formale come richiesto dalla norma
Viene richiamato inoltre il contenuto della circolare n. 33/2020 in merito all’applicazione delle modifiche apportate dal decreto “Crescita” 34-2019, e il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 3 marzo 2021 sulle modalità attuative che richiedono il versamento del dovuto entro il 30 giugno dell'anno successivo al primo in cui si utilizza l'agevolazione.
Ricorda anche che, come da risposte a interpello nn 371,371 e 383, neanche l'istituto del ravvedimento operoso di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 risulta utilizzabile per sanare la situazione.
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