Con la sentenza n. 3352 del 3 novembre 2022 la Corte di Giustizia di secondo grado della Calabria ha stabilito che il concorso del commercialista nella condotta delittuosa del contribuente si configura con l’inserimento, da parte del consulente, nella dichiarazione dei redditi (Unico), di dati non veritieri, allo scopo di abbattere il reddito imponibile.
Tale circostanza integra il requisito soggettivo della colpa professionale. I fatti di causa.
L'Agenzia delle entrate, nell'espletamento della propria attività istituzionale di controllo, aveva riscontrato una serie di anomalie sulla posizione fiscale di alcuni contribuenti che avevano commesso, in base ai controlli incrociati, violazioni fiscali tali da elidere totalmente o abbattere grandemente le imposte dovute o di creare crediti inesistenti.
Tutti i contribuenti soggetti a controllo erano assistiti dallo stesso consulente tributario che risultava come soggetto che aveva trasmesso le dichiarazioni fiscali. All’esito del controllo veniva emesso un atto di contestazione, notificato al commercialista.
A seguito di ricorso del contribuente, la CTP lo accoglieva, esponendo una serie di considerazioni relative alle violazioni tributarie, poste in essere da una Snc ma estranee al commercialista.
L’Amministrazione ricorreva in appello, e in secondo grado, risultava che il fiscalista, con le proprie competenze tecniche, aveva coadiuvato la Snc e altri contribuenti assistiti a compiere le violazioni tributarie.
Mediante l'indicazione di dati non corretti, si consentiva agli stessi di:
Nella sentenza la Corte di giustizia tributaria premetteva che l'avviso di accertamento a carico del consulente fiscale era stato emesso legittimamente in applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 9 Dlgs n. 472/1997 secondo il quale, se il professionista concorre nella violazione tributaria commessa dal cliente, tanto il cliente quanto il professionista sono sottoposti alla sanzione disposta.
Il consulente avrebbe quindi partecipato consapevolmente alle violazioni tributarie del cliente.
Pur essendo accertata la mera qualità del consulente quale “intermediario” della presentazione, per via telematica, delle dichiarazioni modello Unico, Iva e Irap, egli non contestava l'assunzione dell'incarico professionale per la predisposizione delle dichiarazioni dei clienti.
Secondo la Corte, trattandosi dell'inserimento in dichiarazione di dati non veritieri finalizzati all'abbattimento del reddito di imponibile, vista la specifica attività professionale svolta dal consulente, sussiste il requisito soggettivo della condotta concorsuale costituito, quanto meno, dalla colpa del commercialista.
La Corte ricorda come l'attività del consulente fiscale si configura come obbligazione di mezzi, in cui il professionista si obbliga a svolgere una determinata attività senza che da ciò derivi necessariamente un certo esito, nel caso di specie l’incarico alla predisposizione e all’invio della dichiarazione ha il carattere di obbligazione di risultato, che è tenuto a perseguire il fiscalista, a pena di inadempimento dell’obbligazione assunta.
Da qui, la conclusione sulla corretta configurabilità del concorso del commercialista nella realizzazione delle condotte illegittime attribuite al proprio cliente.
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