La condotta negligente del dipendente causata da agenti esterni dei quali non è responsabile e che anzi costituiscono violazione da parte del datore di lavoro dell'obbligo di sicurezza psico-fisica da assicurare ai propri dipendenti, non è rilevante dal punto di vista disciplinare quindi non meritevole della sanzione del licenziamento. Questa la conclusione della Corte di appello di Roma, confermata in Cassazione con la sentenza 770/ 2023.
Il caso riguardava il licenziamento di una cassiera dipendente di supermercato che durante il suo turno non si era opposta a un tentato furto da parte di un gruppo di individui e per questo motivo era stata oggetto della sanzione disciplinare massima per condotta lavorativa negligente.
Il suo ricorso contro il licenziamento , respinto dal Tribunale, è stato invece accolto dalla Corte territoriale che ha disposto la reintegra nel posto di lavoro e il risarcimento del danno pari alla retribuzione globale dal momento del licenziamento fino alla reintegra, e al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali.
Nel caso specifico la dipendente alla cassa era stata accusata di condotta negligente perche aveva permesso a tre clienti di oltrepassare la barriera della cassa con i carrelli pieni di merce solo parzialmente pagata, senza pretendere che fosse posta sul nastro per il conteggio. Non erano emersi in sede di indagine elementi che provassero alcuna forma di accordo con gli stessi per il tentativo di furto, peraltro sventato per l'intervento dei carabinieri.
I giudici di appello infatti hanno accertato che
E' stato quindi rimarcato come la cassiera abbia tenuto un comportamento inadempiente in quanto lasciata sola, per un periodo significativo, a fronteggiare tre persone dalla lei individuate come sospette e che avevano assunto un atteggiamento intimidatorio. Per questo il datore di lavoro, tenuto a proteggere i dipendenti, non poteva pretendere che si ponesse da sola a contrasto quando la stessa caporeparto e la guardia giurata avevano deciso di non intervenire.
La ricostruzione e il percorso logico seguito dai giudici di merito che ha portato alla pronuncia di illegittimità del licenziamento viene considerato ineccepibile dalla Suprema corte e respinto quindi il ricorso della società datrice di lavoro.
Nella sentenza viene richiamato l'ampio ambito applicativo dell'art. 2087 cod. civ. che rende necessario l'apprestamento di adeguati mezzi di tutela dell'integrità fisiopsichica dei lavoratori nei confronti dell'attività criminosa di terzi nei casi in cui la prevedibilità del verificarsi di episodi di aggressione a scopo di lucro sia insita nella tipologia di attività esercitata, in ragione della movimentazione, anche contenuta, di somme di
denaro.
In caso di violazione da parte del datore di lavoro dell'obbligo di sicurezza si è considerato legittimo il rifiuto del lavoratore di eseguire la propria prestazione, conservando, al contempo, il diritto alla retribuzione in quanto al dipendente non possono derivare conseguenze sfavorevoli (v. Cass. n. 28353 del 2021; Cass. n. 6631 del 2015), ove sia in gioco il diritto alla salute di rilievo costituzionale.
Ancora , In tema di licenziamento per giusta causa, come nel caso di specie la Corte ha precisato che il rifiuto del lavoratore di adempiere la prestazione secondo le modalità richieste dal datore di lavoro non è idoneo, se improntato a buona fede, a giustificare il recesso.
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