Con un comunicato stampa del 18 agosto le Entrate informano del fatto che al 31 luglio 2023 ha emanato 1.221 provvedimenti di cessazione d’ufficio della Partita Iva, in applicazione della nuova normativa diretta a scongiurare il fenomeno evasivo delle ‘partite iva apri e chiudi’.
Prima di approfondire i dati diffusi dall'agenzia ricordiamo che la Legge n 197 del 29 dicembre Legge di Bilancio per l'anno 2023 pubblicata in GU n 303 supplemento ord. n 43 del 29 dicembre 2022, tra le altre novità, ha previsto norme a presidio preventivo connesso all’attribuzione e all’operatività delle partite IVA
In particolare, le disposizioni, modificate nel corso dell’esame alla Camera dei deputati, rafforzano l’attività di presidio preventivo connesso all’attribuzione e all’operatività delle partite IVA.
Si riconosce all’Agenzia delle entrate la possibilità di effettuare specifiche analisi del rischio anche attraverso l’esibizione di documentazione tramite cui sia possibile la verifica dell’effettivo esercizio dell’attività.
Vengono altresì specificate le modalità con le quali, successivamente al provvedimento di cessazione, la partita IVA può essere nuovamente richiesta nonché il regime sanzionatorio applicabile.
La disposizione introduce nuove misure a quelle già previste per l’esercizio del presidio preventivo connesso all’attribuzione e all’operatività delle partite IVA disposte dall’articolo 35, comma 15-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
Si ricorda che il comma 15-bis prevede che l’attribuzione del numero di partita IVA determina l’esecuzione di riscontri automatizzati per la individuazione di elementi di rischio connessi al rilascio dello stesso nonché l'eventuale effettuazione di accessi nel luogo di esercizio dell'attività, avvalendosi dei poteri previsti dal medesimo decreto.
Gli Uffici verificano che i dati forniti da soggetti per la loro identificazione ai fini dell'IVA, siano completi ed esatti.
In caso di esito negativo, l'Ufficio emana provvedimento di cessazione della partiva IVA e provvede all'esclusione della stessa dalla banca dati dei soggetti passivi che effettuano operazioni intracomunitarie.
Vengono introdotti due nuovi commi 15-bis.1. e 15-bis.2 al richiamato articolo 35.
Nello specifico, si stabilisce che ai fini del rafforzamento del presidio già previsto, l’Agenzia delle entrate effettua specifiche analisi del rischio connesso al rilascio di nuove partite IVA, a esito delle quali l’ufficio invita il contribuente a presentarsi in ufficio per esibire la documentazione prevista agli articoli 14 e 19 del decreto del Presidente della Repubblica del 29 settembre 1973, n. 600, ove obbligatoria.
Si tratta in particolare di scritture contabili delle imprese commerciali, delle società e degli enti equiparati nonché degli esercenti arti e professioni.
L’esibizione di tale documentazione è volta a consentire in ogni caso la verifica dell’effettivo esercizio dell’attività di esercizio di impresa nonché di arti e professioni e per dimostrare, sulla base di documentazione idonea, l’assenza dei profili di rischio individuati.
In caso di mancata comparizione di persona del contribuente ovvero di esito negativo dei riscontri operati sui documenti eventualmente esibiti, l’ufficio emana provvedimento di cessazione della partita IVA.
Si chiarisce inoltre che, ferma restando la disciplina applicabile nelle ipotesi in cui la cessazione della partita IVA comporti l’esclusione della stessa dalla banca dati dei soggetti che effettuano operazioni intracomunitarie, in caso di cessazione ai sensi dei commi 15-bis e 15-bis.1 di nuova introduzione, la partita IVA può essere successivamente richiesta dal medesimo soggetto, come imprenditore individuale, lavoratore autonomo o rappresentante legale di società, associazione od ente, con o senza personalità giuridica, costituite successivamente al provvedimento di cessazione della partita IVA, solo previo rilascio di polizza fideiussoria o fideiussione bancaria per la durata di tre anni dalla data del rilascio e per un importo non inferiore a 50.000 euro.
In caso di eventuali violazioni fiscali commesse antecedentemente all’emanazione del provvedimento di cessazione, l’importo della fideiussione deve essere pari alle somme, se superiori a 50.000 euro, dovute a seguito di dette violazioni fiscali, sempreché non sia intervenuto il versamento delle stesse.
Inoltre si introduce un nuovo comma 7-quater. all’articolo 11 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, in materia di violazioni in materia di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto.
Tale norma prevede che il contribuente destinatario del provvedimento emesso ai sensi dell’articolo 35, commi 15-bis e 15-bis.1, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria pari a euro 3.000, irrogata contestualmente al provvedimento che dispone la cessazione della partita IVA.
Per tutti le regole applicative leggi: P.IVA fittizie: criteri delle Entrate per l'analisi di rischio.
Viene specificato che delle 1.221 soppresse al 31 luglio, 359 sono state intercettate e chiuse in Lombardia (29%), 254 nel Lazio (21%) e 166 in Campania (14%).
A seguire Toscana e Veneto con 105 chiusure.
In tutte le restanti regioni i provvedimenti hanno interessato complessivamente 232 soggetti. I criteri di rischio per l’individuazione delle Partite Iva da sottoporre a controllo e i presupposti per la chiusura d’ufficio sono stati individuati in un Provvedimento delle Entrate firmato dal Direttore, Ernesto Maria Ruffini, il 16 maggio 2023.
Grazie alle analisi svolte dalle strutture antifrode dell’Agenzia sulla base delle nuove norme e con l’ausilio di un nuovo e specifico applicativo informatico è stata elaborata un’ulteriore lista selettiva di oltre 500 Partite Iva aperte fra il 1° gennaio 2021 e il 31 dicembre 2022, caratterizzate da anomalie sotto il profilo soggettivo e caratterizzate da consistenti operazioni economiche, pari nel complesso ad oltre 2 miliardi di euro, sui quali sono in corso approfondimenti.
Infine ricordiamo che, nel corso dell’esame alla Camera dei deputati della Legge di bilancio 2023 è stato soppresso l’inciso che estendeva la sanzione anche agli intermediari che trasmettono, per conto del contribuente la dichiarazione.
Non si applica l’articolo 12 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 in materia di concorso di violazioni e continuazione.
Con uno o più provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate sono stabiliti criteri, modalità e termini per l’attuazione, anche progressiva, delle disposizioni in esame.
In merito alla responsabilità dei professionisti con una nota congiunta del 2 dicembre, la associazioni dei Commercialisti ADC – AIDC – ANC – UNGDCEC avevano espresso fermo disaccordo alla novità annunciata dal disegno di legge di bilancio 2023 in bozza, relativa alle PIVA "mordi e fuggi" nelle quali si delineava na responsabilità dei consulenti incaricati.
Sinteticamente il comunicato affermava che "È ora di ridefinire il perimetro dei compiti di ciascuno, non è più possibile ribaltare sui Commercialisti indagini che solo l’amministrazione finanziaria può svolgere. Presidente Meloni, perché l’Agenzia delle Entrate non utilizza le informazioni contenute nelle decine di banche dati a sua disposizione? Riteniamo sia giunto il momento di un cambio di passo rispetto al passato, piuttosto che mantenere la linea di condotta tenuta dai governi precedenti, modernizzando le procedure dell’Agenzia delle Entrate."
Il Presidente del CNDCEC, Elbano de Nuccio aveva ribadito il disappunto già espresso con la nota del 28 novembre scorso dichiarando: “Ho dovuto rileggere la norma per rendermi conto se avessi davvero capito bene. I commercialisti dovrebbero prendersi la responsabilità, dinanzi a un imprenditore che va da loro per aprire una partita IVA, di garantire che si tratti un soggetto sano o meno? Siamo arrivati al grottesco. Noi non ci tiriamo indietro davanti alle responsabilità, ma in un contesto in cui lo Stato tende sempre di più a scaricare sui professionisti le proprie inefficienze, c’è bisogno di definire un perimetro, evitando di esporci a delle valutazioni ex post”.
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