Il dipendente in Cig che svolga una attività lavorativa presso un altro datore deve comunicarlo preventivamente all'Inps, qualsiasi sia il reddito che ne deriva, pena la decadenza dal diritto alla prestazione integrativa. Lo ha riconfermato la Corte di cassazione sezione lavoro con la sentenza del 21 ottobre 2022, n. 31146.
Il caso di specie riguardava un pilota d'aereo licenziato dalla società datrice di lavoro per aver omesso di comunicare alla società ed all'Inps, durante la
fruizione della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria ai sensi dell'art. 1 bis della legge n. 291 del 2004, Di aver svolto nello stesso periodo una attivita lavorativa in favore di un altra compagnia aerea, per ben tre anni consecutivi.
Egli contestava l'illegittimità e anche il ritardo nell'intimazione del recesso da parte dei datori di lavoro
In primo grado il Tribunale di Tempio Pausania in parziale accoglimento del ricorso, aveva riitenuto tempestivo ma illegittimo il licenziamento in quanto sproporzionato alla violazione disciplinare e ha condannato società al pagamento di una indennità risarcitoria in dodici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto percepita oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali.
La Corte di appello di Cagliari, sezione di Sassari, dopo il ricorso da parte della società invece ha accertato e dichiarato la legittimità del licenziamento rigettando le domande originariamente proposte dal lavoratore.
La Corte territoriale ha ritenuto che correttamente fosse stata accertata la tempestività del recesso tenuto conto della data in cui la datrice di lavoro era venuta a conoscenza della condotta e dei tempi del successivoprocedimento disciplinare culminato con il licenziamento.
Sul tema della mancata comunicazione è stato verificato che il lavoratore ha deliberatamente omesso di comunicare all'INPS, ed anche alla datrice di lavoro, la data di assunzione a tempo indeterminato presso la nuova compagnia, comunicando solo la prima data di inizio dell'attività (1.4.2014) e così di nuovo nei successivi anni 2015 e 2016 senza che fossero state provate in giudizio le ragioni di tale omessa comunicazione
Nel suo ricorso in cassazione il dipendente sottolineava che gli obblighi di comunicazione erano diretti all'INPS e che interessavano solo un breve
periodo e che erano conseguenza di una valutazione errata nel considerare necessario mantenere le abilitazioni e i brevetti posseduti.
Rimarcava inoltre che l'assenza di precedenti disciplinari nei dodici anni di rapporto lavorativo e negava che tale omissione, frutto di semplice distrazione non fosse connotata da una colpa grave tale da poter essere considerata un illecito rilevante
Infine contestava che vi fosse alcun intento truffaldino nel suo comportamento, ricordando invece il proprio specchiato curriculum aziendale.
Nella propria sentenza la cassazione richiama vari precedenti,dove si è posto in rilievo che:
La Cassazione respinge quindi il ricorso affermando che ai fini dell'obbligo di comunicazione dunque rientrano tutte le occupazioni implicanti l'impiego di una professionalità, per quanto minima, e potenzialmente redditizie, senza che assuma rilievo la forma negoziale nella quale esse siano svolte.
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