La questione della deducibilità delle sanzioni e degli interessi, dovuti in conseguenza del ritardato versamento delle imposte, è questione che periodicamente torna a fare discutere.
Il punto è che l’indeducibilità delle imposte sui redditi discende dagli articoli 99 e 109 del TUIR, i quali però nulla dicono delle sanzioni e degli interessi di mora a questi collegati.
Per cui, dato che non esiste una norma che regola la presunta indeducibilità fiscale di queste poste, ci si dovrà basare sulle disposizioni generali.
Ed è proprio basandosi sulle norme generali che giurisprudenza e prassi spingono in direzione dell’indeducibilità.
L’ordinanza della Corte di Cassazione numero 28740 del 4 ottobre 2022 prende proprio in esame gli interessi di mora dovuti per ritardato pagamento delle imposte.
La Corte ci spiega che la base normativa di riferimento è l’articolo 109 comma 5 del TUIR, il quale recita: “le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi”.
L’articolo tratta del generale principio di inerenza che regola la deducibilità dei costi d’impresa, dal vincolo del quale, secondo l’interpretazione della Corte, sono esclusi gli interessi passivi in quanto “oneri generati dalla funzione finanziaria che afferiscono all’impresa nel suo essere e progredire, e dunque non possono essere specificatamente riferiti ad una particolare gestione aziendale o ritenuti accessori ad un particolare costo”, e la cui deducibilità è regolamentata dall’articolo 63 del TUIR.
Secondo la Corte di Cassazione, però, ciò che vale per gli interessi passivi non può essere esteso agli interessi moratori dovuti per ritardato pagamento delle imposte.
Pur ammettendo il fatto che “non costituendo di per sé uno specifico onere fiscale, la loro deducibilità non può essere esclusa alla luce della specifica previsione”, la Corte sostiene che “sebbene […] non possa ritenersi che gli interessi moratori da ritardato pagamento abbiano funzione sanzionatoria, avendo la finalità, piuttosto, di ristabilire, a favore dell'erario, l'intera misura dell'importo da versarsi, correttamente si è ritenuto che gli stessi non trovino fonte nell'attività di impresa, in relazione alla funzione finanziaria generalmente svolta, ma nell'inosservanza di un obbligo nel pagamento del tributo per il quale, già in radice, è da escludersi il diritto alla deduzione”.
Fondamentalmente, secondo l’interpretazione prospettata dalla Corte, come già anticipato, l’interesse di mora per ritardato pagamento del tributo va distinto dall’interesse passivo, e mentre il secondo sarebbe deducibile come costo generale di tipo finanziario, il primo non lo sarebbe in quanto costo accessorio di un costo principale (l’imposta) fondamentalmente indeducibile.
L’interpretazione assunta è restrittiva, dato che pone sullo stesso piano sanzioni e interessi di mora. Ma, a prescindere da ciò, le perplessità sono più generali e discendono dalla constatazione che, se il legislatore avesse voluto rendere indeducibili questa tipologia di costi, probabilmente avrebbe potuto facilmente esplicitarlo sull’articolo 99 o sull’articolo 109 del TUIR, sui quali è espressa e ribadita l’indeducibilità fiscale delle imposte sui redditi.