La Corte di Cassazione, con l'Ordinanza n. 25287 del 24 agosto 2022, ha dichiarato l'illegittimità del licenziamento di un dipendente di banca anche se filmato dall'investigatore privato in palestra durante l'orario di lavoro.
Il nuovo orientamento giunge dopo numerose sentenze di parere opposto documentate anche in un convegno pubblico del 2018 con pareri autorevoli che sostenevano la legittimità dei controlli sui dipendenti tramite agenzie investigative.
Vediamo il caso particolare e le specifiche motivazioni della pronuncia piu recente.
Un dipendente di banca aveva impugnato il licenziamento irrogato per essere stato filmato piu volte fuori dal luogo di lavoro in supermercati e palestre, in attività estranee al lavoro.
La corte territoriale aveva infatti ritenuto legittimi i controlli svolti dall'agenzia investigativa in quanto non rivolti al controllo diretto dell'attivita lavoratoriva del dipendente, vietato dallart 3 dello statuto dei lavoratori ma risultato di un indagine piu ampia relativa alla violazione dei permessi ai sensi dell'art. 33 I. 104/92 da parte di una collega dell'interessato,
La corte ricorda le precedenti pronunce (una tra tutte la cass. n. 15094 del 11/06/2018) in cui ha affermato - in ordine alla portata degli artt. 2 e 3 della I. n. 300 del 1970 a tutela della libertà e dignità del lavoratore, che essi non precludono il potere dell'imprenditore di ricorrere alla collaborazione di soggetti,(come, nella specie, un'agenzia investigativa)/ancorché il controllo non possa riguardare, in nessun caso, né l'adempimento, né l'inadempimento dell'obbligazione contrattuale del lavoratore (Cass. n. 9167 del 2003)
Tale principio è stato costantemente ribadito, ma è stato anche precisato che dette agenzie per operare lecitamente non devono sconfinare nella vigilanza dell'attività lavorativa vera e propria, riservata, dall'art. 3 dello Statuto, direttamente al datore di lavoro e ai suoi collaboratori, anche laddove vi sia un sospetto o la mera ipotesi che illeciti siano in corso di esecuzione (v. Cass. n. 3590 del 2011; Cass. n. 15867 del 2017).
La nuova sentenza ammette solo l'eccezione rappresentata dai casi in cui il ricorso ad investigatori privati sia finalizzato a verificare comportamenti che possano configurare ipotesi penalmente rilevanti (come l'esercizio durante l'orario lavorativo di attività retribuita in favore di terzi su cui v. Cass. nn. 5269 e 14383 del 2000).
La suprema corte afferma quindi che anche nel caso descritto, in cui l'attività investigativa mediante controllo esterno riguardava un collega , è illegittima perche finisce con l'incidere direttamente e, quindi, al di fuori dei limiti consentiti, su detta attività.
Accoglie inoltre il motivo di ricorso presentato sulla mancata allegazione della documentazione probante necessaria al fine di consentire al lavoratore un'adeguata difesa, e ciò in base ai principi di correttezza e buona fede nell'esecuzione del contratto (Cass. 27/3/2018 n. 7581
La Corte accoglie dunque il ricorso del dipendente e rinvia alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione.
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