Con la risposta 398 del 1 agosto 2022 l'Agenzia delle Entrate è tornata sul tema della successione dei conti correnti intestati unicamente al de cuius nel caso in cui tra i coniugi viga il regime di comunione legale dei beni.
In generale, il regime legale dei rapporti patrimoniali tra i coniugi, in mancanza di diversa convenzione stipulata ai sensi dell'articolo 162 del codice civile, è costituito dalla comunione dei beni che implica prevalentemente la contitolarità e cogestione dei beni acquistati, anche separatamente, in costanza di matrimonio e le aziende gestite da entrambi e costituite dopo le nozze. In caso di decesso di uno dei coniugi, il matrimonio si scioglie (articolo 149 c.c.) e con esso la comunione.
Gli articoli 177 e 178 del codice civile disciplinano le ipotesi di comunione differita - c.d. "de residuo" - che include, tra l'altro:
Attenzione va quindi prestata al fatto che i suddetti beni si considerano, quindi, oggetto della comunione solo se non consumati al momento dello scioglimento di questa.
Con riferimento alla disciplina dell'imposta sulle successioni e donazioni, l'articolo 9 del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 dispone, in via generale, che l'attivo ereditario è costituito da tutti i beni e diritti che formano oggetto della successione, ad esclusione di quelli non soggetti all'imposta ai sensi degli articoli 2, 3, 12 e 13. La norma introduce una presunzione secondo la quale, in presenza di depositi bancari e conti correnti bancari e postali cointestati, le quote di ciascun cointestatario si presumono uguali, salvo che non risultino diversamente determinate. Pertanto, nell'ipotesi in cui il deposito o il conto risultino intestati ad un solo soggetto, si considera compreso nell'attivo ereditario l'intero ammontare.
Con riguardo alla fattispecie del conto corrente intestato al solo de cuius in regime di comunione legale del beni, in precedenti documenti di prasso è stato precisato che non può ritenersi facente parte della comunione legale e, conseguentemente, cadere in successione, soltanto la metà della somma depositata in conto corrente (cioè la quota corrispondente al 50% del saldo del conto corrente esistente alla data della morte del coniuge intestatario), ma l'intero importo del conto corrente.
La tesi secondo cui anche i diritti di credito derivanti da deposito bancario formerebbero oggetto della comunione legale c.d. "de residuo" - e quindi già nella titolarità al 50% del coniuge superstite iure proprio - si fonda sul presupposto che le somme di cui trattasi siano riferibili specificamente ed esclusivamente a frutti di beni personali o a proventi dell'attività separata di uno dei coniugi, che si trovino ad essere non consumati al momento dello scioglimento della comunione (per effetto del decesso del coniuge).
Fino a dimostrazione contraria (la quale, peraltro, ben difficilmente potrebbe presentare i requisiti di certezza idonei) non possa superarsi l'apparenza della situazione giuridica creata con l'intestazione del deposito ad uno solo dei coniugi".
Inoltre, i giudici di legittimità hanno statuito che anche il saldo attivo di un conto corrente bancario
deve considerarsi facente parte della comunione legale dei beni al momento del decesso dell'intestatario stesso, con la precisazione che "lo scioglimento attribuisce al coniuge superstite il diritto al riconoscimento di una contitolarità propria sulla comunione e,attesa la pres unzione di parità delle quote, un diritto proprio, e non ereditario, sulla metà dei frutti e dei proventi residui, persino anche nelle ipotesi in cui essi fossero stati esclusivi del coniuge defunto".
Pertanto costituisce oggetto di dichiarazione ai fini dell'imposta di successione l'intero importo del saldo del conto corrente intestato al de cuius, fatta salva la dimostrazione da parte del contribuente che sussistono i presupposti per applicare il regime della comunione legale differita.
Per quanto riguarda, infine, le somme e i valori maturati dal de cuius, ma non ancora liquidati al momento decesso (quali quelli indicati in istanza come stipendi maturati ed indennità per ferie e permessi non goduti e non riscossi dal de cuius) si ritiene che anch'essi sono da ricomprendere fra i beni caduti in successione e, come tali, da ricomprendere nell'attivo ereditario ai fini dell'imposta sulle successioni e donazioni.