Se le false dichiarazioni del beneficiario non hanno effetto sul diritto al reddito di cittadinanza non è legittimo il sequestro della carta RDC.
Lo afferma la Corte di Cassazione, II sezione penale, nella recente sentenza n. 29910 ponendosi in contrasto con l’orientamento maggioritario di legittimità.
Fino ad oggi infatti le sentenze hanno sempre confermato che il reato previsto dall’articolo 7 della legge 26/2019, scatta in automatico quando il richiedente fornisce informazioni non veritiere sulla propria condizione economica, anche se tali informazioni non causano la percezione del reddito non dovuta.
Questa lettura considera che il fatto sostanziale che costituisce il reato è la violazione del patto di lealta tra lo stato e il cittadino ,cioè la menzogna in se stessa, e non l'effetto che questa provoca .
I giudici della seconda sezione invece escludono la" rilevanza penale delle condotte commissive od omissive se non c’è un collegamento funzionale con la percezione indebita del reddito."
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Il caso in questione riguarda il decreto di sequestro preventivo emesso dal G.i.p del Tribunale di Ragusa avente ad oggetto la carta di pagamento per l'accredito del reddito di cittadinanza e le disponibilità liquide corrispondenti all'importo di euro 10.732,47, quale profitto del reato di cui all'art. 7 I. 26/2019 contestato all'indagata, che proponeva ricorso per la cassazione dell'ordinanza.
La difesa aveva proposto ricorso affermando che le informazioni incomplete e non corrispondenti al vero sulla situazione economica , ovvero la percezione di pensione di invalidità, fornite dalla ricorrente non avevano rilevanza poiché, anche a prescindere da tali informazioni, questa avrebbe avuto diritto alla percezione del reddito di cittadinanza.
Il ricorso è fondato secondo il collegio della Cassazione in quanto "La finalizzazione della condotta non può ridursi alla verifica dell'atteggiamento psicologico tenuto dal soggetto agente, indipendentemente dall'idoneità della condotta nel perseguire l'obiettivo descritto dalla norma (id est, l'indebito ottenimento della prestazione), mentre risulta piu aderente ad una concezione del principio di offensività coerente con i canoni costituzionali (Corte cost. n. 360 del 24/7/1995; n. 263 dell'11/7/2000; n. 519 del 21/11/2000) la lettura della fattispecie incriminatrice in termini di reato di pericolo concreto" .
Ciò, in quanto va considerato che le false indicazioni dei dati di fatto riportati nell'autodichiarazione finalizzata all'ottenimento del "reddito di cittadinanza" o le omissioni, anche parziali, di informazioni dovute, rilevano solo ove strumentali al conseguimento del beneficio, cui altrimenti non si avrebbe diritto".
Il nuovo orientamento si spinge quindi a ipotizzare che una lettura opposta sia anticostituzionale.
Viene anche osservato che questa nuova interpretazione trova conferma nel sistema di controllo delle domande che prevede la trasmissione all’autorità giudiziaria della documentazione amministrativa da parte dei Comuni, Inps, Agenzia delle entrate e Ispettorato del lavoro, solo per i casi in cui si accerti un illegittima percezione del reddito di cittadinanza causata dalle false dichiarazioni.
Con la sentenza di annullamento dell'ordinanza viene quindi annullato il sequestro della card e ordinata al restituzione alla ricorrente.
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