Con Risposta a interpello n 244 del 4 maggio 2022 le Entrate trattano della esenzione ex art. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74 in riferimento ad un caso di convivenza di fatto
In particolare, tra gli accordi raggiunti dagli ex conviventi vi è quello di addivenire alla cessione della quota di metà dell'abitazione, prima condivisa, e all'accollo della quota di metà del mutuo da parte del soggetto che continuerà ad abitare l'immobile insieme con i figli.
Il Notaio istante ritiene che al trasferimento della quota di metà dell'immobile possa essere applicata l'esenzione dall'imposta di bollo, registro e ogni altra tassa prevista dall'art. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74 ma le Entrate non concordano, vediamo il perché.
Innanzitutto è bene sottolineare che il Tribunale ha approvato le condizioni pattuite per la cessazione della convivenza, il mantenimento della prole e la sorte dell'abitazione che era adibita a residenza della coppia e delle due minori.
Le Entrate dopo un excursus normativo ritengono che l'esenzione di cui si discute non sia applicabile alla convivenza di fatto.
L'articolo 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74 dispone che "tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui agli articoli 5 e 6 della legge l° dicembre 1970, n. 898, sono esenti dall'imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa".
Con circolare n. 27/E del 21 giugno 2012 è stato chiarito che, dal punto di vista oggettivo, l'esenzione di cui al citato articolo 19 si riferisce a tutti gli atti, documenti e provvedimenti che i coniugi pongono in essere nell'intento di regolare i rapporti giuridici ed economici "relativi" al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso.
Con riferimento al caso rappresentato, occorre richiamare la legge 20 maggio 2016, n. 76 (cd. "Legge Cirinnà"), recante la "Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze".
La "convivenza di fatto" comporta il riconoscimento di una serie di situazioni giuridiche previste dall'art 1 commi 38 e ss. (es. diritto di visita, assistenza ospedaliera, etc.).
Il medesimo articolo 1 prevede, inoltre, al comma 50 che "I conviventi di fatto possono disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza".
Tali contratti, ai sensi del comma 51 (così come le relative modifiche e risoluzioni), "sono redatti in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato che ne attestano la conformità alle norme imperative e all'ordine pubblico" e, ai fini dell'opponibilità a terzi, il professionista che ha ricevuto l'atto in forma pubblica o che ne ha autenticato la sottoscrizione "deve provvedere entro i successivi dieci giorni a trasmetterne copia al comune di residenza dei conviventi per l'iscrizione all'anagrafe ...".
Però, la richiamata legge n. 76 del 2016 non prevede e non regolamenta alcuna modalità di scioglimento del "rapporto di convivenza"; in altri termini, non è previsto legislativamente alcun procedimento o tutela giurisdizionale o paragiurisdizionale per porre rimedio ad un'eventuale crisi tra i conviventi stessi.
Inoltre, si fa presente che gli atti e i documenti con cui i " conviventi di fatto" regolamentano i loro rapporti patrimoniali per la risoluzione di una crisi del loro legame non possono essere equiparati agli accordi conclusi a seguito di convenzione di negoziazione assistita di cui all'articolo 6 del decreto legge 12 settembre 2014, n. 132 alla quale è invece applicabile l'esenzione dell'art 19 di cui si tratta (Risoluzione 65/2015)
Sulla base di quanto detto, con riferimento alla fattispecie rappresentata non si ritiene sussistente il presupposto per l'applicazione dell'articolo 19 della legge n. 74 del 1987, che fa riferimento a "tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio", in ossequio alla ratio sopra individuata di agevolare l'accesso alla tutela giurisdizionale ai fini di consentire la risoluzione della crisi coniugale.
Ne consegue che al trasferimento della quota di metà dell'immobile adibito a residenza dei "conviventi di fatto" a favore di uno dei due non possa essere applicata l'esenzione prevista dall'art. 19 della legge n. 74 del 1987.