Talvolta sottile è il limite che separa la dichiarazione infedele da quella omessa. In linea concettuale la dichiarazione infedele è quella che presenta i dati fiscali e reddituali in modo errato, mentre quella omessa è la dichiarazione non presentata.
In linea sanzionatoria una dichiarazione che presenta degli errori (voluti o casuali) costituisce situazione meno grave della dichiarazione omessa: il fatto stesso di trasmettere il modello è rappresentativo di un atteggiamento meno ostruzionistico, in quanto l’amministrazione finanziaria avrà la possibilità di verificare la correttezza dei redditi dichiarati, che, anche se non esatti, non sono comunque occultati.
In termini più pratici, le conseguenze dell’omessa presentazione in luogo dell’infedeltà dichiarativa sono un allungamento dei termini di accertamento, che da cinque anni passano a sette, un inasprimento delle sanzioni pecuniarie, e l’impossibilità di regolarizzare la propria posizione integrandola oltre i 90 giorni dalla scadenza del termine per l’invio telematico della dichiarazione.
Chiarita la questione in astratto, poi la realtà si scontra con alcune situazioni nelle quali fumoso è il confine tra dichiarazione omessa e infedele.
Di recente, sull’articolo “Dichiarazione in bianco: è infedele, non omessa”, chi scrive ha affrontato la questione della trasmissione del modello dichiarativo privo di uno o più quadri reddituali; e già nell’articolo si poneva un distinguo: che la situazione esaminata non era quella in cui la dichiarazione era trasmessa completamente in banco.
La trasmissione di una dichiarazione dei redditi con il solo frontespizio compilato rappresenta l’estrema linea di confine della zona di grigio tra dichiarazione infedele e dichiarazione omessa: sul tema la giurisprudenza non è consolidata e in passato non è mancato il caso che la situazione sia stata considerata omissiva.
Le motivazioni per cui un contribuente possa decidere di trasmettere una dichiarazione completamente in bianco possono essere molteplici, e non necessariamente di tipo doloso: la situazione più comune è l’impossibilità di trasmettere correttamente la dichiarazione nei termini, per cui il contribuente sceglie di inviarla in bianco in modo tale da poterla successivamente integrare.
Anche in tal caso, però, come si è detto, trasmettere una dichiarazione con il solo frontespizio compilato può costituire una scelta rischiosa, in quanto costituisce una fattispecie potenzialmente contestabile: e, se la dichiarazione viene considerata omessa, sarà priva di efficacia anche la successiva integrazione che non rispetta i termini.
La soluzione al problema è arrivata con l’ordinanza numero 10668 del 22 aprile 2021 della Corte di Cassazione, la quale, in tema di Irap nel caso concreto, ma il concetto può essere esteso anche a Iva, Ires e Irpef, dichiara che “la dichiarazione infedele presentata dal contribuente ai fini Irap, anche quando indichi un valore non verosimile, non è equiparabile alla omessa dichiarazione”.
Nel caso in esame il contribuente aveva dichiarato solo un euro, una cifra evidentemente inverosimile, eppure sufficiente per non incorrere nell’omessa presentazione.
In altre parole, dato che l’omessa dichiarazione è restrittivamente la dichiarazione mancante o estensivamente la dichiarazione vacante, la dichiarazione compilata, anche in modo inverosimile, salva il contribuente dalla contestazione dell’omissione e da quello che da questa discende.
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