Ricordiamo che di recente l’articolo 3 del DL 146/2021, aggiungendo un comma all’articolo 12 del DPR 602/73, ha sancito che:
In conseguenza di ciò, oggi, l’estratto di ruolo e le cartelle di pagamento non validamente notificate, o non notificate affatto, non sono più impugnabili, eccezion fatta per talune specifiche situazioni (per un approfondimento sulla questione si può leggere l’articolo Proroga IRAP, estratti di ruolo, esterometro: le novità del Decreto Fisco Lavoro).
La novità normativa non ha mancato di richiamare critiche tra i commentatori per la sostanza di ciò che dispone; dubbi e perplessità, sostanziali e tecniche, sono oggi sollevate anche dalla Corte di Cassazione con la pubblicazione dell’ordinanza interlocutoria numero 4526 di giorno 11 febbraio 2022.
La Corte parte dalla premessa che l’estratto di ruolo non è mai stato un documento impugnabile in quanto tale; ciò che è impugnabile è il ruolo e la cartella di pagamento che ne notifica l’iscrizione.
L’estratto di ruolo rappresenta solo un elaborato informatico attraverso il quale il contribuente viene a conoscenza di un ruolo o di una cartella non notificata; per il tramite di tale elaborato il contribuente può provare l’esistenza di un ruolo o di una cartella che potranno essere contestati, anche indipendentemente, per motivazioni formali o sostanziali.
Con la novità normativa è evidente come né un ruolo né una cartella di pagamento non notificata potranno essere contestati fin tanto che non saranno avviate le procedure esecutive, con le specifiche eccezioni indicate dal Legislatore.
La Corte di Cassazione, entrando nel merito della questione, solleva dubbi sulla legittimità costituzionale della norma “con riferimento alla lesione del diritto di difesa del contribuente” (sulla questione chi scrive ha già pubblicato l’articolo Cartelle non impugnabili, rimborsi al netto dei ruoli: e i diritti dei contribuenti?), in quanto potrebbe essere in contrasto con l’articolo 24 della Costituzione e incompatibile con alcuni principi del diritto unionale.
Addentrandosi anche in questioni più tecniche, la Corte si sofferma sulla problematica della presunta retroattività della norma, che, se così fosse, inciderebbe su tutti i giudizi in corso, come sostenuto anche dall’Agenzia delle Entrate, in occasione di Telefisco 2022.
La tesi si basa sull’assunto che la norma non costituirebbe una novità normativa, in quando non cambia la sostanza del diritto, ma assumerebbe il ruolo di una sorta di norma di interpretazione autentica del contesto normativo.
Una norma di interpretazione autentica è un particolare tipo di legge promulgata per chiarire in modo univoco norme già presenti nell’ordinamento, ma in relazione alle quali esistono dubbi interpretativi.
Mentre già oggi parte della giurisprudenza si è orientata in questa direzione normativa, la Corte di Cassazione, invece, esprime perplessità sulla fondatezza di questa interpretazione, in ragione del fatto che una norma di interpretazione autentica dovrebbe essere espressamente qualificata come tale, e questa non lo è, oppure, in alternativa, dovrebbero esistere evidenti presupposti di incertezza applicativa, e non è questo il caso.
Di conseguenza, se l’articolo 3 del DL 146/2021 non può configurarsi come una norma di interpretazione autentica, i suoi effetti dovrebbero decorrere dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, non risultando, di conseguenza, retroattivamente applicabile ai giudizi già in corso.
Per tutte queste motivazioni insieme, la Corte di Cassazione rimanda alle Sezioni unite l’approfondimento di una questione così delicata.
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