Con Circolare n 19/E del 29 dicembre 2021 le Entrate fanno il punto sulla disciplina dei PIR Piani di risparmio a lungo termine.
In particolare, alla luce delle diverse modifiche che la disciplina dei PIR ha subito negli ultimi anni, la circolare riepiloga le regole e detta chiarimenti a sostegno di chi intende utilizzare questi strumenti di risparmio agevolato.
Ricordiamo che la legge di bilancio 2017 ha introdotto il regime dei PIR ovvero un regime fiscale che prevede la non imponibilità, ai fini delle imposte sui redditi, dei proventi di natura finanziaria (redditi di capitale e redditi diversi), derivanti da investimenti operati tramite “piani individuali di risparmio a lungo termine” che rispettino le caratteristiche espressamente previste dalla normativa (vincoli e divieti di investimento), nonché la non imponibilità, ai fini dell’imposta di successione, per il trasferimento mortis causa degli strumenti finanziari detenuti nel piano.
Scopo di questa disciplina fiscale è favorire la canalizzazione del risparmio delle famiglie verso gli investimenti in strumenti finanziari di imprese industriali e commerciali, italiane ed europee, radicate sul territorio italiano, per le quali maggiore è il fabbisogno di risorse finanziarie e insufficiente è l’approvvigionamento mediante il canale bancario.
La disciplina dei Pir è stata modificata:
Attualmente, è possibile costituire “Pir 3.0” (Piani costituiti a partire dal 1° gennaio 2020) e “Pir alternativi” (dal 19 maggio 2020).
Alla luce di queste novità, e dopo aver acquisito i contributi di privati investitori, operatori finanziari e Associazioni di categoria con una consultazione pubblica, l’Agenzia con il documento di prassi di cui si tratta fa il punto sulle regole da tenere in considerazione, vista anche la complessità tecnica della materia.
Come specificato nel comunicato stampa che accompagna l'uscita della Circolare n 19/E del 29 dicembre, le Entrate chiarsiconoad esempio che:
Come specificato in apposito paragrafo della Circolare n 19/E per le Casse di previdenza e per i Fondi pensione non si applica il principio di “unicità” del PIR89, pertanto gli stessi possono detenere più PIR.
Per tali soggetti è stabilita la detassazione dei redditi derivanti dagli investimenti nei PIR, sempreché siano rispettati i vincoli di investimento delle risorse destinate agli investimenti qualificati e gli investimenti siano detenuti per almeno cinque anni.
In particolare, anche le Casse di previdenza e i Fondi pensione possono essere titolari dei PIR 3.0 e dei PIR Alternativi nel rispetto dei vincoli di investimento previsti dalle rispettive discipline, come sopra illustrate, nonché dell’obbligo di detenzione, per almeno cinque anni, degli investimenti detenuti nei piani.
Non si applicano i limiti all’entità (plafond) dell’investimento annuo e quello complessivo.
Fermo restando tale esclusione, si ritiene che, in assenza di espresse previsioni normative, i predetti soggetti siano tenuti al rispetto di tutte le altre condizioni: requisito temporale e vincoli di composizione, concentrazione, liquidità richiesti dalla normativa in esame. Per le Casse di previdenza e per i Fondi pensione è previsto, invece, il limite quantitativo del 10 per cento dell’attivo patrimoniale risultante dal rendiconto dell’esercizio precedente; tale limite rappresenta, infatti, l’importo massimo da considerare, complessivamente, anche per gli investimenti qualificati indicati al comma 89 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2017.
Ai fini della applicazione di tale limite, si ritiene che qualora in un esercizio vengano effettuati investimenti rilevanti ai fini dei suddetti regimi di esenzione fino al limite del 10 per cento nell’esercizio possono essere effettuati investimenti agevolabili solo nei limiti del 10 per cento dell’incremento dell’attivo patrimoniale.
Nel caso di diminuzione dell’attivo patrimoniale, invece, non si potranno effettuare ulteriori investimenti qualificati restando validi come tali quelli posti in essere negli esercizi precedenti.
Resta fermo che, in ogni caso, l’investimento incrementale effettuato negli esercizi successivi può essere effettuato sino al raggiungimento del limite del 10 per cento dell’attivo patrimoniale risultante dal rendiconto dell’esercizio precedente, qualora nell’esercizio precedente gli investimenti siano stati effettuati “sotto soglia”.
Al riguardo valga il seguente esempio:
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