Continuano le risposte dell'Agenzia in tema di applicazione del regime speciale per lavoratori impatriati per lavoratori dipendenti bloccati in smart working per la pandemia da Covid 19 in paesi diversi dalle sedi lavorative ordinarie. L'interpello più recente riguarda il dirigente di cittadinanza olandese di una società italiana che ha svolto attività lavorativa in "smart working" sia in Italia che all'estero nel 2020.
In materia leggi anche l'ampio approfondimento "L'agenzia ammette il regime impatriati anche per smart working con societa estera".
Un società multinazionale italiana chiedeva chiarimenti sulla possibile applicazione ad un suo dipendente del regime speciale per lavoratori impatriati di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147.
Il dipendente è un cittadino olandese, assunto come dirigente a Milano dal 2019 e iscritto all'Anagrafe della popolazione residente (Anpr) la cui famiglia è rimasta nei Paesi Bassi.
L'Istante chiedeva, nello specifico:
Nella risposta l'agenzia ricorda che il citato " regime speciale per lavoratori impatriati" è stato oggetto di modifiche normative, operate dall'articolo 5 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (convertito dalla legge 28 giugno 2019, n. 58), in vigore dal 1° maggio 2019 e riepiloga in dettaglio i vari requisiti richiesti.
L'Agenzia ritiene che nel caso proposto l'agevolazione non sia applicabile, considerato che:
Invece conferma che se il reddito derivante dall'attività di lavoro dipendente prestato nei Paesi Bassi viene tassato nel paese secondo le prescrizioni della Convenzione contro le doppie imposizioni, il contribuente, considerato fiscalmente residente in Italia ai sensi dell'articolo 2 del TUIR, potrà fruire del credito per le imposte estere.
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