Con un documento di circa 30 pagine diffuso il 20 settembre il MEF fornisce rilievi rispetto alle delibere IMU 2021 dei comuni.
I temi spaziano:
Ricordiamo che l'IMU può essere gestita entro certi limiti dai comuni nel rispetto della norma nazionale pertanto il MEF laddove riscontri difformità, provvede con rilievo a segnalare l'illegittimità dell'intervento dello specifico ente chiedendo la modifica della delibera.
Esempi di disposizione non coerenti con la normativa
Il MEF, in ambito di aliquote per le abitazioni di lusso osserva che l’art. 1, comma 748, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, nel prevedere che all’abitazione principale c.d. di lusso si applichi l’aliquota ridotta dell’imposta municipale propria (IMU) pari allo 0,5 per cento, attribuisce al comune la facoltà di diminuire tale aliquota sino all’azzeramento o di aumentarla solo sino alla misura dello 0,6 per cento.
Il rispetto dell’aliquota massima stabilita dalla legge statale costituisce uno dei limiti espressamente posti all’autonomia regolamentare degli enti locali in materia tributaria dall’art. 52, comma 1, del D. Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446.
Con rilievo, il MEF invita, pertanto, l’Ente a modificare la deliberazione di approvazione delle aliquote in disamina, riconducendo l’aliquota per le abitazioni principali c.d. di lusso entro l’anzidetto limite massimo dello 0,6 per cento.
L'ente locale aveva erroneamente disposto quanto segue:
Un comune ha deliberato che:
Il MEF fa presente che la limitazione dell’assimilazione all’abitazione principale alla quota di possesso del coniuge non assegnatario o di suoi parenti entro il secondo grado si pone in contrasto con il disposto di cui all’art. 1, comma 741, lett. c), n. 4, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, che individua quale condizione per l’assimilazione unicamente l’avvenuta assegnazione della casa familiare con provvedimento del giudice.
Come chiarito nella Circolare n. 1/DF del 18 marzo 2020, “l’individuazione della casa familiare viene effettuata dal giudice con proprio provvedimento che non può essere suscettibile di valutazione da parte del comune in un proprio provvedimento. Si prescinde quindi dalla proprietà in capo ai genitori o ad altri soggetti (ad esempio i nonni) e i requisiti della residenza e della dimora dell’assegnatario non sono rilevanti ai fini dell’assimilazione.”
Le vicende inerenti la titolarità dell’immobile non assumono, dunque, alcuna rilevanza, tanto più che, una volta intervenuto il provvedimento giudiziario di assegnazione, il soggetto passivo dell’imposta municipale propria (IMU) è individuato, ai sensi dell’art. 1, comma 743, secondo periodo, della legge n. 160 del 2019 unicamente nel coniuge assegnatario, in quanto titolare del diritto reale di abitazione.
La qualità di soggetto passivo del coniuge assegnatario fa sì, dunque, che i proprietari della casa familiare – siano essi il coniuge non assegnatario, suoi parenti o eventualmente altri soggetti comproprietari del bene – restino del tutto estranei all’obbligazione tributaria. Sotto un secondo profilo, si precisa che, come evidenziato nella stessa Circolare n. 1/DF del 2020, in caso di separazione senza figli o con figli maggiorenni e autosufficienti la giurisprudenza ritiene che la casa coniugale non possa essere oggetto di assegnazione ad uno dei due coniugi a titolo di contributo al mantenimento, ragion per cui la disciplina dell’ipotesi dell’ex coniuge assegnatario dell’abitazione principale senza figli, contenuta nella disposizione regolamentare del comune, non ha ragion d’essere.
Il MEF invita l’Ente a modificare la disposizione regolamentare tenendo conto delle suddette osservazioni.
Si rimanda al documento del MEF per ulteriori approfondimenti sugli altri rilievi.