La possibilità di cumulo dei redditi da lavoro con le pensioni si applica alla previdenza obbligatoria e anche a quella sostitutiva gestita da enti privati come l'INPGI. Lo ribadisce per la terza volta la Cassazione nell'ordinanza 22170/2021.
Il principio riaffermato dagli Ermellini contrasta con l'articolo 15 del regolamento dell'ente previdenziale dei giornalisti che invece prevede ancora il divieto per i redditi (oltre 22.524 euro nel 2021) malgrado l'intervento della legge 388/2000 che ha abrogato il divieto allora vigente per tutte le gestioni.
Il caso specifico riguardava il ricorso di INPGI dopo due sentenze del tribunale di Bergamo e della corte di appello di Brescia, favorevoli alla richiesta di un giornalista e per la restituzione delle somme illegittimamente decurtate dall'INPGI sulla pensione di anzianità . l'INPGI sosteneva infatti l'inapplicabilità delle regole sul cumulo della pensione con i redditi da lavoro valide per le forme previdenziali pubbliche e aveva operato una riduzione della pensione di anzianità del 50 per cento.
Secondo l'ente, la trasformazione in persona giuridica privata, in forza del decreto legislativo n. 509 del 1994, consentiva di disciplinare, in maniera speciale, la materia del cumulo tra pensione di anzianità e redditi di lavoro dipendente.
La decisione della Suprema Corte invece si pone in continuità con l'orientamento recente (Cass. n. 21470 del 2020 e n. 19573 del 2019) con cui si afferma che la norma regolatrice art. 72, comma 2, legge n. 388/2000 poi esteso dall'art. 44, comma 2, legge n. 289 del 2002, va intesa nel senso che "il regime di cumulo tra pensione di anzianità e redditi da lavoro dalla stessa introdotta opera identicamente per la previdenza sociale obbligatoria e per le forme sostitutive della stessa anche ove gestite da enti privatizzati". Tale previsione rappresenta quella «norma espressa» che lo stesso INPGI nel ricorso sostiene essere necessaria perché la disciplina dettata per i trattamenti pensionistici gestiti dall'AGO sia applicabile all'Istituto.
La Corte aggiunge inoltre che 'l'interpretazione non contrasta con la pronuncia delle Sezioni Unite (sentenza n. 17589 del 2015), riguardante le misure per il contenimento della spesa pensionistica applicabili a tutti gli enti previdenziali," la quale è da riferire solo alla normativa presa in esame (il d.l. n. 201 del 2011)
Viene ricordata anche la sentenza di Cass. n.19573 del 2019 che , come la Cass. n.1098 del 2012, ha affermato che "l'autonomia finanziaria dell'INPGI non va enfatizzata giacché non è integrale, soccorrendo in alcuni casi nei confronti dei suoi iscritti la fiscalità generale".
Bocciato su tutti i fornti dunque il ricorso dell'INPGI , dettato peraltro dall'intento di perseguire un risparmio nella spesa pensionistica calcolato in un solo milione l'anno.
La situazione dell'ente come è noto resta ancora molto difficile, il buco di bilancio ammonta a 242 milioni di euro ed è imminente una ripresa dei lavori del tavolo tecnico che deve mettere a punto gli interventi governativi per il risanamento.
Il commissariamento dell'ente, per alcuni ormai ineludibile è stato rinviato al 1 gennaio 2022 dal recente Decreto Sostegni bis.
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