Le cronache fiscali degli ultimi mesi sono state caratterizzate dai molteplici pareri, in tema di riforma dell’Irpef, presentati alla Commissione congiunta di Camera e Senato sul tema. Le proposte avanzate e le analisi effettuate sono state tante, ma una delle problematiche più di frequente sollevata, per la sua rilevanza, è stata la necessità di agire sul contenzioso tributario.
La motivazione è che i numeri (secondo alcune stime quasi 350.000 ricorsi pendenti nelle commissioni e 50.000 in Cassazione) ci dicono che il sistema appare congestionato.
Non è un caso che il 12 aprile 2021, un comunicato congiunto del Ministero dell’Economia e delle Finanze (a cui compete il contenzioso tributario) e del Ministero della Giustizia (coinvolto per il ricorso in Cassazione) ha annunciato l’istituzione di una commissione interministeriale “per far fronte al contenzioso arretrato e ridurre la durata dei processi”, le cui proposte dovranno essere avanzate entro il 31 giugno 2021.
Ciò che sorprende della composizione della Commissione (di cui è presidente Giacinto della Cananea, docente di diritto amministrativo presso l’Università Bocconi, e vicepresidente Fabrizia Lapecorella, Direttore generale delle Finanze presso il MEF) è che non sono stati invitati i rappresentanti dei difensori tributari, i quali, in un certo qual modo, possono rappresentare, oltre che una parte del processo tributario, anche il punto di vista dei contribuenti su una questione così delicata; considerando pure che, invece, i vertici dell’Agenzia delle Entrate, l’altro lato del contendere, sono stati chiamati a partecipare alla discussione.
Il 15 aprile 2021, con una lettera congiunta indirizzata ai ministri competenti, i presidenti degli ordini dei Commercialisti e degli Avvocati hanno chiesto di poter intervenire direttamente ai lavori della commissione interministeriale, quale parte “necessaria” del processo tributario, al pari dell’Agenzia delle Entrate, che è rappresentata dal suo direttore.
Il fatto stesso che una siffatta commissione, su un argomento del genere, venga istituita senza tenere in considerazione i rappresentanti dei Commercialisti e degli Avvocati da l’idea della (mancanza di) forza di questi ordini professionali; più spesso interessati a contendere per qualche piccola nicchia di competenza, piuttosto che a portare avanti grandi battaglie comuni.
L’affaire non manca di fornire alcuni spunti di riflessione sulle motivazioni strutturali che stanno alla base dell’arretrato del processo tributario, che possono essere ricondotte a diversi fattori.
Se guardiamo all’interno del processo tributario, la durata dei procedimenti (come sottinteso dagli obiettivi della commissione) e la struttura della giustizia tributaria che, per come è stata pensata e strutturata, non può sostenere il numero dei contenziosi di oggi, rappresentano delle criticità.
Ma quali che siano i problemi all’interno del procedimento, a causa dei quali non è possibile smaltire con efficienza i volumi del contenzioso, e le proposte che la commissione interministeriale avanzerà per risolverli, queste non potranno annullare quella che è probabilmente la principale causa dell’arretrato: la quantità di ricorsi tributari portati avanti, che rileva un problema che va oltre il processo tributario.
Troppe norme e norme troppo poco chiare, troppi chiarimenti di prassi, i quali hanno assunto un ruolo che va oltre la prassi stessa, hanno condotto il sistema tributario italiano in uno stato di incertezza normativa che produce il ricorso tributario, perché non c’è norma che non è potenzialmente interpretabile in modo diverso.
Ma questa è una questione che va oltre gli obiettivi e le competenze di una commissione interministeriale.
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