La Corte d’appello di Cagliari, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale sull’art. 13, comma 6, secondo e terzo periodo, del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38 (Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali,), «nella parte in cui portano ad una duplicazione totale o parziale dell’indennizzo, a differenza delle fattispecie disciplinate dal 1° periodo dello stesso comma», che ha sostituito per la valutazione delle inabilità il DPR 1124 1965, Si tratta in sostanza della parte in cui non si tiene conto che il grado di menomazione dell'integrità psicofisica causato da infortunio sul lavoro o malattia professionale, possa essere aggravato da menomazioni preesistenti concorrenti; in realtà la seconda valutazione è distinta ma deve essere rapportata non all'integrità psicofisica completa, ma a quella ridotta per effetto delle preesistenti menomazioni
La Corte Costituzionale afferma quindi che è necessario garantire in tutti i casi di malattie professionali , i cui effetti risultino aggravati dalla patologia concorrente, la piena stima del danno biologico, e non è giustificata la scelta del legislatore di preservare a favore dell'assicurato la rendita liquidata in base al vecchio sistema valutativo parametrato sulla capacità lavorativa generica.
Il caso analizzato
La questione era nata con un procedimento in cui il giudice di primo grado era stato chiamato a determinare,l’indennizzo INAIL per il danno biologico causato da una asbestosi, concorrente con una pregressa broncopneumopatia, per la quale l’assicurato (G. P.) aveva già maturato, in base al precedente regime normativo (DPR 1124 1965) una rendita INAIL liquidata nell’85 per cento dell’inabilità lavorativa.
Il giudice di primo grado liquidava la rendita per il danno biologico da asbestosi, ma al fine di evitare duplicazioni, disponeva la detrazione dai ratei della nuova prestazione di quelli percepiti per la rendita già goduta.
L’INAIL proponeva appello, contestando la valutazione cumulativa degli effetti dell’asbestosi con quelli della malattia verificatasi sotto il precedente regime normativo e già indennizzata. Affermava, pertanto, che dall’eventuale totale degli effetti pregiudizievoli stimati in danno biologico doveva essere scorporato quello conseguente alla patologia ascrivibile ratione temporis al t.u. infortuni,
Il lavoratore appellato, e successivamente il suo erede chiedevano la riforma della sentenza di primo grado nella parte in cui aveva disposto la detrazione dai ratei della nuova prestazione di quelli percepiti per la precedente.
Il giudice decideva seguendo l'orientamento della Corte di cassazione in due sentenze (sezione lavoro, 19 marzo 2018, n. 6774 e 13 marzo 2018, n. 6048), che avevano affermato che «qualora il lavoratore goda di una rendita per una malattia professionale denunciata prima dell’entrata in vigore della disciplina dettata dal decreto legislativo 38/2000 (ovvero prima del 25 luglio del 2000) e successivamente venga colpito da una nuova malattia professionale (non importa se concorrente o coesistente) il grado di menomazione conseguente alla nuova malattia professionale deve essere valutato senza tenere conto delle preesistenti menomazioni» e senza, dunque, effettuare lo scorporo che consentirebbe di stimare i soli effetti derivanti dalla nuova menomazione
Con riguardo all’art. 3 Cost., il giudice di Cagliari aveva ritenuto che le norme censurate determinino una ingiustificata disparità di trattamento rispetto ai lavoratori ai quali non sia stata riconosciuta alcuna rendita per la prima tecnopatia. Questi ultimi assicurati – la cui situazione è regolata dal primo periodo del comma 6 dell’art. 13 del d.lgs. n. 38 del 2000 – non godono del beneficio della stima congiunta in danno biologico degli effetti causati dalle due patologie aventi causa lavorativa, mentre tale privilegio – secondo l’interpretazione proposta dalla Suprema Corte – verrebbe singolarmente concesso proprio a chi, per la prima tecnopatia, già riceveva e continua a mantenere una rendita stimata tramite la capacità lavorativa generica.
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