La Corte di Cassazione, con l'Ordinanza n. 5536 del 1° marzo 2021, ha affermato che l'onere di provare di aver svolto mansioni superiori al proprio inquadramento professionale è a carico del lavoratore e non del datore di lavoro.
Il caso in discussione riguardava un impegato in una impresa edile che accusava i datori di lavoro di mobbing in quanto appunto costretto a mansioni superiori senza il giusto riconoscimento retributivo. Le sentenze di merito avevano parzialmente rigettato le sue richieste di risarcimento danni per la malattia professionale e inquadramento superiore, tranne che per il riconoscimento di una maggiorazione dello stipendio.
Va ricordato che in generale perché il lavoratore possa essere inquadrato in una mansione di categoria superiore è necessario che:
In questo caso, la Cassazione ha confermato quanto statuito dalla Corte di appello di Caltanissetta, riaffermando il principio già consolidato per il quale "il lavoratore che" - come nella specie - "rivendica nei confronti del datore di lavoro una superiore qualifica professionale in relazione alle mansioni svolte ha l'onere di dimostrare:
Non grava quindi sul datore di lavoro, come affermato nel ricorso, "l'onere di dimostrare la non inquadrabilità delle mansioni svolte dal lavoratore nelle norme collettive da questi invocate ai fini del preteso diritto alla qualifica superiore" (come specificato anche in Cass. n. 1012/2003).
In materia vedi anche il commento a sentenza "Art. 2103 c.c. e mansioni superiori".
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