La Corte di Cassazione, con l’ordinanza numero 22738 pubblicata il 20 ottobre 2020, interviene su una fattispecie, in tema di imposta di successione, che può interessare molti contribuenti in una situazione di passaggio generazionale del patrimonio mortis causa.
Il caso concreto è rappresentato dalla dichiarazione di successione da parte degli eredi, a causa della morte del genitore di questi, il quale però, mentre era ancora in vita, aveva effettuato delle donazioni ai figli.
L’Agenzia delle Entrate ha contestato la dichiarazione di successione, ritenendo che le donazioni precedentemente avvenute dovessero essere inserite nel computo delle franchigie di non imponibilità, rideterminando l’imposta di successione dovuta per la parte (di conseguenza maggiore) eccedente le stesse.
La contestazione dell’Agenzia delle Entrate si basava sul fatto che secondo il comma 4 dell’articolo 8 del Decreto Legislativo 346/1990 “il valore globale netto dell’asse ereditario è maggiorato, ai soli fini della determinazione delle aliquote applicabili a norma dell’art. 7, di un importo pari al valore attuale complessivo di tutte le donazioni fatte dal defunto agli eredi e ai legatari”.
Questa norma, con finalità antielusiva, oggi non ancora abrogata, inserita nell’ordinamento quando per l’imposta di successione erano previste delle aliquote progressive, prevedeva che, ai soli fini della determinazione delle suddette aliquote, le donazione precedenti alla successione fossero inserite nel cumulo.
L’agenzia delle Entrate, interpretando estensivamente questa norma, ancora in vigore, ha ritenuto che questa fosse una sufficiente base giuridica per attrarre alle franchigie di non imponibilità le precedenti donazioni.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 22738/2020, esclude questa possibilità. La corte puntualizza che, essendo intervenuta la soppressione del sistema dell’aliquota progressiva (in tema di imposta di successione), debba, di conseguenza considerarsi implicitamente abrogato l’articolo prima citato, che prevedeva il cumulo di quanto donato con quanto ereditato, “attesa la sua incompatibilità con il regime impositivo caratterizzato dall’aliquota fissa sul valore dell’asse”.
Per di più, l’articolo in questione, non aveva l’obiettivo di attrarre alla base imponibile dell’imposta le precedenti donazioni, ma solo ad evitare politiche elusive, al fine di determinare una corretta aliquota progressiva per quanto comunque solo ereditato. Con l’interpretazione estensiva attribuita al disposto normativo dall’agenzia, invece, di fatto, le precedenti donazioni vengono attratte all’imposta di successione, cosa che appare, contrario alla ratio della norma stessa, che, in ogni caso, oggi, per le motivazioni prima esposte, dovrà essere considerata implicitamente abrogata “per incompatibilità normativa applicativa di una disposizione per effetto della formale modificazione del regime impositivo di riferimento”.
In definitiva, in base all’ordinanza 22738/2020 della Corte di Cassazione(civile), è da escludere che le donazioni in vita possano essere attratte all’imposta di successione, erodendo le franchigie di non imponibilità previste.
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