Contributi previdenziali dei dottori commercialisti trasferibili all'INPS se versati erroneamente alla CNPADC (Cassa nazionale di previdenza e assistenza dei dottori commercialisti) . Questo quanto afferma il tribunale di Milano sezione lavoro nella sentenza del 4 novembre 2020 .
Il caso riguardava un dottore commercialista che per il periodo in cui era socio di una società a responsabilità limitata e presidente della stessa non ha avuto il riconoscimento di quanto versato dalla Cassa previdenziale dell'Ordine . Il Regolamento Unico della CNPADC all'art. 5 prevede infatti l’incompatibilità tra le posizioni di amministratore e socio di maggioranza ricoperte dagli iscritti in società di capitali, con l’esercizio della professione di dottore commercialista ai sensi del D.Lgs. 28 giugno 2005, n. 139 . In questa materia compete alla Cassa la verifica delle cause di incompatibilità con cadenza periodica e, in ogni caso, prima dell’erogazione dei trattamenti previdenziali e assistenziali, in relazione ai quali gli anni interi durante i quali l’attività professionale sia stata svolta in presenza di una causa di incompatibilità non vengono computati ai fini della maturazione dell’anzianità di iscrizione.
I contributi versati dal professionista risultavano quindi inutilizzabili e per l'accantonamento previdenziale il professionista è tenuto ad iscriversi e a versare alla Gestione Separata INPS.
Il dottore commercialista si era quindi rivolto al Tribunale per vedere trasferito l'importo versato all'INPS sulla base dell’articolo 116, comma 20, della legge 388/2000.
Il Giudice ha accolto la richiesta del professionista sconfessando la posizione fin qui tenuta dall'INPS che in questi casi, per il trasferimento dei contributi , richiede l'esistenza di una convenzione tra i due enti. Infatti da tempo , vista la situazione non rara e prrblematica per molti iscritti il consiglio nazionale degli ordini dei dottori commercialisti ha predisposto , a questo fine , una bozza di convenzione che finora pero non è stata condivisa .
La sentenza del giudice milanese afferma ora che tale convenzione non è necessaria e che la Cassa ordinistica è obbligata comunque a versare i contributi ricevuti per errore, alla gestione separata dell’Inps.
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