Nella Risposta a interpello n 36 del 6 febbraio 2020 l'Agenzia ha chiarito la modalità di tassazione tramite ritenute alla fonte, del lavoro di un dirigente di una multinazionale, che svolge spesso attività lavorativa in Italia ma non ha la residenza fiscale nello Stato.
Il caso prospettato dall'azienda riguarda uno dei dirigenti apicali per i quali è frequente dover svolgere la propria attività lavorativa all'estero presso le sedi del gruppo dislocate nelle varie parti del mondo. Il dipendente con carica di Chief Executive Officer è un soggetto fiscalmente non residente in Italia.
L' azienda , tenuto conto che, ai sensi dell'articolo 3 e dell'articolo 23 del Tuir, sono imponibili in Italia solo i redditi derivanti da attività lavorativa prestata sul territorio dello Stato chiede se in qualità di sostituto di imposta debba assoggettare a ritenute alla fonte il reddito di lavoro dipendente riferito ai soli giorni di
lavoro trascorsi dal CEO nel territorio dello Stato italiano ed escludere da tassazione in Italia la parte di reddito relativo ai giorni di lavoro trascorsi all'estero.
L'Agenzia fornisce una risposta positiva e afferma in fatti che "In ragione, quindi, dell'articolo 23, comma 1, lettera c), del Tuir, nonché dell'articolo 15 del modello di Convenzione OCSE contro le doppie imposizioni, nel caso in esame", la Società, deve :
Viene inoltre specificato che per determinare il reddito di lavoro dipendente imponibile in Italia, occorre fare riferimento al rapporto tra il numero di giorni durante i quali la prestazione lavorativa è svolta nel nostro Paese e il numero totale di giorni cui la retribuzione si riferisce , facendo attenzione a considerare il numero dei
giorni indicati al numeratore e al denominatore del rapporto, con criteri omogenei (in entrambi i casi al netto delle festività, week end e ferie )
La Agenzia fornisce infine le istruzioni per la corretta compilazione della Certificazione Unica nel caso prospettato .
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