News Pubblicata il 23/01/2020

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Detrazione IVA fatture fine anno: polemiche dai commercialisti

Detrazione IVA fattura a cavallo d'anno: i professionisti minacciano denuncia alla Commissione Europea se nel milleproroghe non ci saranno modifiche



Con un comunicato stampa del 21 gennaio 2020, i professionisti tramite ANC (Associazione Nazionale Commercialisti) e CONFIMI ( Confederazione dell'industria manufatturiera italiana e dell'impresa privata) hanno lamentato la disciplina prevista ai fini IVA per le fatture di fine anno.

Infatti, per il terzo anno consecutivo, con l’ultima liquidazione Iva dell’anno, gli operatori si sono dovuti misurare con le conseguenze derivanti da una normativa sulla detrazione particolarmente irrazionale. La Circolare n.1/E/2018 dell’Agenzia delle Entrate ha reinterpretato – secondi i canoni comunitari – gli articoli 19 e 25 del DPR n. 632/72, sancendo che la detrazione Iva è esercitabile in presenza di due condizioni:

  1. l’imposta sia relativa ad operazioni effettuate (ex art.167 Direttiva 2006/112/CE);
  2. le operazioni risultino documentate dal possesso di regolare fattura.

Il tutto, al più tardi, con la presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui si sono verificati entrambi i suddetti presupposti.

La Commissione UE ha confermato che gli Stati possono “esigere che il diritto a detrazione sia esercitato durante il periodo in cui è sorto” (c.d. principio della detrazione immediata), fermo restando che il precedente termine biennale non sarebbe in contrasto con la direttiva e che con la riduzione del termine biennale, disposta dal DL n. 50/2017, l’esercizio del diritto a detrazione non dovrebbe essere eccessivamente difficile o oneroso per un contribuente sufficientemente diligente, “purché le modalità di tale esercizio si iscrivano nelle disposizioni della direttiva 2006/112/CE, come nella fattispecie”.

Rispetto al requisito formale del possesso della fattura, le modifiche introdotte con il collegato fiscale alla Legge di bilancio 2019 (DL 119/2018) del dPR n.100/98 hanno sancito la possibilità di retroimputare al mese di effettuazione l’Iva le fatture ricevute in tempo utile e precisamente entro il 15 del mese successivo. Con dette modifiche il legislatore ha tuttavia escluso detta possibilità “per i documenti di acquisto relativi ad operazioni effettuate nell’anno precedente” ossia per le fatture arrivate nei primi giorni dell’anno successivo.

È chiaro, dunque, che il principio della retro imputazione non contrasta con i principi unionali: a confermarlo anche la comunicazione della Commissione UE (TAXUD C3 D(2018)6177124 del 13/11/2018) che contiene l’invito a presentare una nuova denuncia laddove, nonostante la modifica introdotta dal DL 119, si dovessero ancora “nutrire dubbi riguardo alla compatibilità del dPR 100/98 con il diritto dell’UE”. Dubbio, come detto, definitivamente rimosso.

Il problema che si pone, semmai è se questo principio possa funzionare solo per 11 mesi su 12 e se sia pertanto lecito, secondo i canoni comunitari, che il legislatore introduca l’eccezione che si abbatte sulle fatture arrivate dal 1 al 15 gennaio dell’anno successivo. Non è possibile che, sulla stessa cosa, le regole funzionino per 11 mesi in un modo e a fine anno (fatture che arrivano a gennaio successivo) in un altro. Non vi sono motivi, se non quelli di voler far cassa giocando sulle differenze temporanee dei flussi ma il principio di neutralità vieta che l’Iva gravi sugli operatori intermedi.

Il comunicato termina chiarendo che per ora i professionisti attenderanno la conversione del milleproroghe dopodiché, se non arriveranno soluzioni si rivolgeranno con denuncia alla Commissione UE.

Fonte: Fisco e Tasse



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