Con riguardo all’accertamento del reddito effettuato dall’ufficio con metodo sintetico e cioè sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d'imposta, l’art. art. 38, D.P.R. n. 600 del 1973, stabilisce che il contribuente può dare prova che il finanziamento di dette spese è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d'imposta, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile.
Tuttavia, l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione.
A tal proposito, in caso di accertamento redditometrico, il contribuente può fornire come prova:
Questo principio è stato evidenziato dalla Corte di Cassazione (cfr. sentenza 12613/20189) e ripreso dalla pronuncia 4383/2/2019 della CTR Lombardia che si è espressa, a seguito di rinvio della Corte suprema per stabilire se, a seguito di accertamento redditometro dell’ufficio, con cui contestava maggiori redditi imponibili nei confronti di due coniugi, questi ultimi avessero fornito una prova idonea a smentire il maggior reddito accertato.
In particolare, a fronte dell’accreditamento di somme sul c/c dei coniugi, gli stessi avevano fornito la prova:
Il giudice ha pertanto ritenuto idonea la prova fornita dai coniugi riguardante la durata del possesso delle somme pervenute sul proprio c/c nonché il graduale utilizzo delle stesse a fonte della diminuzione dei saldi finali del conto.
Nel caso di specie pertanto la prova contraria richiesta dal legislatore in caso di redditometro è stata superata dai contribuenti, senza che gli stessi abbiano dovuto dimostrare in maniera specifica l’utilizzo del denaro per sostenere le spese contestate a seguito dell’accertamento sintetico.