Il reato di omessa dichiarazione di cui all’art. 5 d.lgs. 74/2000 punisce chiunque non presenti una delle dichiarazioni relative a imposte sui redditi o sul valore aggiunto con finalità di evasione delle stesse.
Con riguardo alla determinazione dell’imposta evasa, è necessario ricostruire il reddito dell’impresa quantificando i ricavi concretamente realizzati rispetto a quanto invece dichiarato. In aggiunta è lecito tenere conto anche delle spese e degli altri componenti negativi deducibili ma soltanto qualora il contribuente ne provi l’esistenza o alleghi i dati dai quali gli stessi risultino desumibili non potendo al contrario essere oggetto di presunzione.
Ciò è quanto ricordato dalla Corte di Cassazione penale, con Sentenza n. 230 del 22 Novembre 2019.
La decisione del giudice di legittimità risulta particolarmente significativa in quanto nella stessa viene evidenziato che, in sede penale non è possibile presumere l’esistenza di costi deducibili per ricostruire il reddito di impresa. Gli stessi devono essere necessariamente provati dall’imputato o quantomeno deve sussistere un “ragionevole dubbio” in ordine alla loro esistenza.
Al contrario, si ricorda che in ambito tributario la presunzione vale come strumento di accertamento semplificato per contrastare l’evasione. In questo caso, importi di incerta provenienza possono essere ricondotti al reddito e qualificati come ricavi.
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