Ancora utili chiarimenti dall'Agenzia in tema di regime agevolato per i lavoratori "impatriati" ossia coloro che rientrano in Italia stabilmente dopo almeno 2 anni di lavoro all'estero. L'agevolazione, inizialmente introdotta dal dlgs 147 2015 (Jobs Act) è stata recentemente rafforzata dal decreto crescita 34 2019, innalzando in particolare la detassazione fino al 90% e prolungandone la durata , con alcuni requisiti. (Vedi qui un riepilogo completo: "Regime impatriati: novità del Decreto Crescita").
Nella Risposta 510 del 11 dicembre 2019 , l'Agenzia, pur fornendo una risposta negativa al contribuente che avanzava interpello, specifica che in tema di rientro dopo distacco la interpretazione restrittiva fornita con la circolare 17E /2017 non è definitiva . Chiarisce quindi alcuni casi in cui la detassazione possa essere applicata anche dopo distacco all'estero. Vediamo piu in dettaglio la Risposta.
Nell'interpello, un lavoratore dipendente, laureato, dal 1° giugno 2007 alle dipendenze di una multinazionale dichiara di essere iscritto all'AIRE con tutta la famiglia dal 4 agosto 2017, in quanto "distaccato" presso la sede locale di Dubai fino al 31 agosto 2019, e che intendeva riprendere la residenza in Italia , dal 1° settembre 2019, dopo svariati altri periodi di distacco fuori dall'Italia.
Viene specificato che :
Il contribuente istante chiede quindi conferma sulla possibilità di beneficiare delle agevolazioni , e se nel suo caso trovi applicazione la proroga del beneficio per ulteriori cinque anni, con tassazione del 10 per cento del reddito di lavoro, in quanto in possesso degli specifici requisiti richiesti dal nuovo articolo del dl Crescita (tre figli minorenni e proprietario di un immobile ad uso abitativo in Italia).
Nella Risposta l' Agenzia ricorda che, in generale, come da circolare n. 17/E del 23 maggio 2017 Parte II, paragrafo 3.1, "il beneficio non compete ai soggetti che rientrano in Italia dopo essere stati in distacco all'estero ed avere acquisito la residenza estera per il periodo di permanenza richiesto dalla norma".
Ciò in quanto il loro rientro, avvenendo in esecuzione delle clausole del preesistente contratto di lavoro, "si pone in sostanziale continuità con la precedente
posizione di lavoratori residenti in Italia, e, pertanto, non soddisfa la finalità attrattiva della norma".
L'agenzia afferma però che "La posizione restrittiva non preclude, tuttavia, la possibilità di valutare specifiche ipotesi in cui il rientro in Italia non sia conseguenza della naturale scadenza del distacco, ma sia determinato da altri elementi ", ad esempio nei casi in cui :
- il distacco sia più volte prorogato e, la sua durata abbia portato a un affievolimento dei legami con il territorio italiano e un effettivo radicamento nel territorio estero;
- il rientro in Italia del dipendente non si ponga in continuità con la precedente posizione lavorativa in Italia. (Sul punto vedi la Risposta n. 492 /2019 in "Impatriati:nuovi esempi dall'Agenzia")
Nel caso specifico, posto che l'istante ha svolto altre mansioni sia all'estero che in Italia per specifici accordi contrattuali e rientra in Italia il 1° settembre 2019 alla naturale scadenza del periodo di distacco come previsto dal contratto di lavoro , non può essere ammesso alla fruizione del regime speciale per lavoratori impatriati.
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