Con la sentenza 43656/2019 della Quinta sezione penale del 28 ottobre 2019 , i giudici di Cassazione hanno stabilito che le sanzioni previste dal d. lgs 231 2001 per responsabilità amministrativa dell'impresa in un caso di infortunio sul lavoro possono essere applicate solo dopo la verifica del Mogc (Modello di organizzazione, gestione e controllo, previsto dallo stesso decreto) anche nel caso l’imprenditore sia stato condannato penalmente.
La sanzione 231 infatti scatta se l'impresa ottiene un risparmio di spesa o un vantaggio dall’inosservanza delle norme sulla sicurezza sul lavoro . Questo aspetto puo essere chiarito solo dalla espressa valutazione del MOGC, aspetto del tutto trascurato dalla Corte di Appello.
Nel caso in questione, (un operaio dipendente di una srl che forniva un servizio in subappalto aveva perso la vita nell'utilizzo di una palificatrice) è emerso infatti che i giudici di merito non avevano preso in considerazione il documento aziendale , regolarmente predisposto .
La Cassazione pur confermando le responsabilità individuali dell'imprenditore e del capo cantiere, non riscontra la responsabilità amministrativa dell'ente secondo il d.lgs 231/01 , e afferma che:
" la sentenza impugnata, al di là di un generico richiamo ad una maggiore velocità nell'esecuzione dei lavori , non indica puntualmente quale "interesse" o "vantaggio" sia stato ravvisato nell'agire dell'ente, non misurandosi con la circostanza che risulta essere stato stipulato un contratto di "nolo a caldo", rispetto al quale si ignorano le pattuizioni retributive intercorse tra le ditte; ma, soprattutto, risulta del tutto omessa nelle sentenze di merito la valutazione sul contenuto e sulla idoneità del modello organizzativo, tema che pure la difesa aveva seriamente posto con l'atto di appello e con la memoria successiva (18 ottobre 2017), rinvenendosi soltanto considerazioni circa il P.O.S. che è cosa diversa. In altre parole, i giudici di merito hanno svolto l'equazione "responsabilità penale della persona fisica datore di lavoro / preposto = responsabilità amministrativa dell'ente", trascurando l'articolata disciplina posta dal d. Igs. n. 231 del 2001. "
La sentenza afferma quindi il principio di diritto , a cui richiama il giudice del rinvio, per cui :
"In tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica compete al giudice di merito, investito da specifica deduzione, accertare preliminarmente l'esistenza di un modello organizzativo e di gestione ex art. 6 del d. Igs. n. 231 del 2001; poi, nell'evenienza che il modello esista, che lo stesso sia conforme alle norme; infine, che esso sia stato efficacemente attuato o meno nell'ottica prevenzionale, prima della commissione del fatto" .
Si ricorda che il Sistema di Responsabilità Amministrativa dell’Ente è stato istituito con il Decreto Legislativo 231/2001 e prevede che qualora un soggetto, dipendente o collaboratore, operante in una società, commetta uno dei reati presupposto, previsti dal D.lgs. 231/2001, a vantaggio della società stessa, questa potrà essere condannata e subire una delle sanzioni previste dallo stesso D.lgs. 231/2001. Tale responsabilità si aggiunge a quella della persona fisica che ha realizzato materialmente il fatto. Per esserne esonerata , la società deve dimostrare di aver adottato ed attuato, precedentemente all'evento, un efficace modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire il rischio dei reati seguenti :
Per approfondire sul tema vedi il Commento a sentenza "Responsabilità per infortunio- Cass 29646/2018"