La Cassazione civ. Sez. V, Sent., 29-03-2019, n. 8822 conferma un orientamento abbastanza costante sulla legitimità della determinazione induttiva dei ricavi imputabili ad esercenti attività di ristorazione mediante la quantificazione dei tovaglioli lavati, desunto dalle fatture emesse dalla lavanderia (c.d. tovagliometro).
La Corte afferma che il criterio di determinazione dei ricavi attraverso la conta dei tovaglioli consumati deve ritenersi una presunzione dotata dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti per l’accertamento induttivo.
Il numero dei tovaglioli rappresenta, quindi, un fatto noto di per sé capace di lasciare ragionevolmente presumere il numero dei pasti effettivamente consumati e, pertanto dei ricavi conseguiti e la giurisprudenza della Cassazione si è espressa diverse volte su questo argomento sempre in modo favorevole (Cass. n. 51 del 7.01.1999; Cass. n. 2309 del 5.03.1991; Cass. n. 15991 del 20.12.2000; Cass. n. 9884/2002; n. 16048/2005; n. 20060/2014; n. 25129/2016.)
La Cassazione ricorda che l’accertamento con metodo analitico induttivo, con il quale l'Ufficio finanziario procede alla rettifica di componenti reddituali, è consentito ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), pure in presenza di contabilità formalmente tenuta, in quanto la disposizione presuppone scritture regolarmente tenute, che tuttavia appaiano contestabili in forza di valutazioni condotte sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti che facciano seriamente dubitare della completezza e della fedeltà della contabilità esaminata, sicchè essa possa essere considerata, nel suo complesso inattendibile (cfr. Cass. n. 20857/07; n. 26341/07; n. 5731/12).
Nel caso oggetto della sentenza si tratta di un ristoratore che ha dichiarato un reddito esiguo a fronte di un movimento di tovaglioli portati in lavanderia abbastanza sostenuto, il che fa chiaramente presumere la mancata registrazione di corrispettivi, che possono essere induttivamente determinati moltiplicando il numero di tovaglioli per il prezzo medio di un pasto.
Per la Corte è infatti un dato abbastanza incontrovertibile che per ciascun pasto ogni cliente adoperi un solo tovagliolo e quindi il numero di questi è un fatto noto, idoneo anche di per sè solo a lasciare ragionevolmente presumere il numero dei pasti effettivamente consumati, pur dovendosi ragionevolmente sottrarre dal totale una certa percentuale di tovaglioli normalmente utilizzati per altri scopi, quali i pasti dei dipendenti, l'uso da parte dei camerieri e le evenienze più varie per le quali ciascun cliente può essere indotto ad utilizzare più tovaglioli (cfr. Cass. n. 15808/2006; n. 13068/2011; n. 91108/2012).
Sul tema vedi i Commenti a sentenza: "No al tazzinometro nella multiattività- Cass 27612/2018" e "Accertamento presuntivo sui materiali -Cass 4018/2018"