Il trasferimento del lavoratore deve essere giustificato altrimenti il licenziamento per rifiuto di eseguire la prestazione è illegittimo.
Questo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 11180 del 23 aprile 2019. Il caso riguardava una dipendente cui era stata comunicato il trasferimento in una nuova sede perchè, si affermava, non erano piu disponibili posizioni nella sede originaria, dopo il termine di un iniziale rapporto di lavoro a termine riformato dal tribunale che aveva imposto la riassunzione. La dipendente non si presentava e veniva licenziata per assenza ingiustificata.
In primo grado il licenziamento veniva giudicato legittimo mentre la corte d'appello di Roma ne ha accertata l'illegittimità ritenendo che la società non avesse fornito la prova delle ragioni idonee a sorreggere il trasferimento addirittutra in una regione diversa. In particolare non veniva giudicato prova sufficiente la produzione di un tabulato che riportava un elenco dei comuni, asseritamente privi di posti disponibili, in quanto "eccedentari" per copertura dei posti superiore al 109%, come stabilito dall'accordo sindacale del 29.7.2004, stipulato da Poste Italiane e le OOSS. La corte d'appello aveva affermato che "l 'ottemperanza del datore di lavoro all'ordine giudiziale di riammissione in servizio, a seguito di accertamento della nullità dell'apposizione di un termine al contratto di lavoro, implica il ripristino della posizione di lavoro del dipendente, il cui reinserimento nell'attività lavorativa deve quindi avvenire nel luogo precedente e nelle mansioni originarie, a meno che il datore di lavoro non intenda disporre il trasferimento del lavoratore ad altra unità produttiva, e sempre che il mutamento della sede sia giustificato da sufficienti ragioni tecniche, organizzative e produttive. E tali ragioni andavano concretamente dimostrate, non potendosi ritenere le stesse implicitamente già contenute in quanto disposto nell'accordo sindacale (...) Detto accordo infatti contiene esclusivamente le procedure da seguire nei processi di riequilibrio dell'organico per gestire gli effetti delle riammissioni in servizio del personale già assunto con contratto a tempo determinato, limitandosi quindi ad indicare le modalità di redistribuzione dei lavoratori in uffici ove la percentuale di personale stabile operante sulle zone di recapito non fosse superiore al 109%, prevedendo altresì una priorità di nuova destinazione a cominciare dall'assegnazione in comuni della medesima provincia, fino prevedere gradatamente la collocazione anche in altra regione.
Per la corte "la prova testimoniale non aveva infatti consentito di spiegare come l'elenco informatico, aggiornato solo mensilmente, potesse consentire alla datrice di lavoro un'effettiva conoscenza delle situazioni di eccedentarietà".
La Cassazione ha respinto il ricorso del datore di lavoro in quanto le prove addotte da Poste italiane per giustificare il trasferimento non risultano rilevanti quindi la prova delle motivazioni tecniche e organizzative del trasferimento non risulta fornita. Inoltre, "è infondato l'assunto della società ricorrente laddove ritiene che non vi sarebbe stato inadempimento rilevante di Poste in quanto la società avrebbe comunque ottemperato all'obbligazione principale - riammissione in servizio- essendo invece obbligazione secondaria quella dell'obbligo di reinserire la lavoratrice nel precedente posto di lavoro" in quanto le due obbligazioni erano ugualmente rilevanti.
Ti potrebbero interessare i seguenti ebook della Collana Facile per tutti: