La Corte di cassazione con ordinanza 521/2019 ha riaffermato che in caso di risoluzione del rapporto di lavoro per raggiunti limiti di età anagrafica è comunque obbligatorio un atto formale di licenziamento con il preavviso per il lavoratore . Di conseguenza se il datore di lavoro non lo adotta il rapporto di lavoro prosegue e sono dovute le relative indennità.
Nel caso di specie , la Corte d'appello di L'Aquila, aveva condannato la Saga - Società Abruzzese Gestione Aeroporto s.p.a., al pagamento dell'indennità sostitutiva del preavviso di recesso, oltre al pagamento della indennità sostitutiva di ferie non godute, al lavoratore che aveva raggiunto i requisiti per il pensionamento ma al quale non era stato comunicato il licenziamento.
Infatti la Corte territoriale, preso atto del regime di libera recedibilità del rapporto di lavoro a seguito del raggiungimento dell'età pensionabile da parte del dipendente, con qualifica dirigenziale, aveva escluso che le delibere del Consiglio di amministrazione del 29.10.07 e del 17.5.10 contenessero una manifestazione di
volontà di recedere dal rapporto di lavoro, alle scadenze indicate nelle due rispettive proroghe, come intepretato nella sentenza di primo grado del Tribunale ; e ha interpretato le stesse come tali da rinviare alle scadenze successive ogni decisione sulla prosecuzione del rapporto o sulla sua risoluzione;. la Corte territoriale ha ritenuto invece che la comunicazione per iscritto del recesso fosse necessaria, in base all'art. 22, comma 6, del c.c.n.l. di settore, anche nel caso in cui il dirigente avesse raggiunto l'età pensionabile, richiamando i principi espressi al riguardo dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 14628 del 2010) e che tale comunicazione mancasse nel caso in esame;
Avverso tale sentenza la Saga s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, che viene rigettato per carenza di motivazione.
La corte precisa che "sulla questione dei termini e delle modalità di risoluzione del rapporto in coincidenza con il raggiungimento dell'età per il conseguimento della pensione di vecchiaia e dell'esistenza o meno del diritto del lavoratore ad un periodo di preavviso, nell'ambito del rapporto di lavoro privatistico, questa Corte (da ultimo, Cass. n. 6157 del 2018) ha più volte statuito che la tipicità e tassatività delle cause d'estinzione del rapporto escludono risoluzioni automatiche al compimento di determinate età ovvero con il raggiungimento di requisiti pensionistici, diversamente da quanto accade nel lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni. "Inoltre dalla L. 1 maggio 1990, n. 108, art. 4 si desume che, nel lavoro privato, il compimento dell'età pensionabile o il raggiungimento dei requisiti per la effettiva attribuzione del diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia (D.Lgs. n. 248 del 2007, art. 6, comma 2-bis) determinano soltanto la recedibilità "ad nutum" dal rapporto di lavoro e, dunque, il venire meno del regime di stabilità, non già la automatica estinzione del rapporto stesso, sicché, in assenza di un valido atto risolutivo del datore di lavoro, il rapporto prosegue con diritto del lavoratore a percepire le retribuzioni anche successivamente al compimento del sessantacinquesimo anno di età (Cass. n. 9312 del 2014; Cass. n. 3237 del 2003; Cass. n. 3907 del 1999); ne consegue che, nel campo dei rapporti di lavoro di natura privatistica, per la risoluzione del rapporto per limiti di età anagrafica del lavoratore, al datore di lavoro è imposto comunque l'obbligo di preavviso (Cass. n. 2339 del 2004).