La rivalsa a seguito di accertamento è un istituto privatistico, e pertanto in caso di mancato pagamento dell’imposta da parte dell’acquirente del bene o del servizio l’unica possibilità che il fornitore ha per recuperare l’Iva versata all’Erario, ma non incassata, è quella di rivolgersi al giudice civile. Nel caso oggetto dell’interpello, però, questa strada non è più percorribile in quanto la società cessionaria è stata cancellata dal registro delle imprese e, quindi, si è definitivamente estinta. Questo il senso della risposta dell'Agenzia delle Entrate n. 84 del 26 novembre 2018.
La società Alfa, esercente attività di commercio al dettaglio ha chiesto chiarimenti in merito alla corretta interpretazione dell’articolo 60, comma settimo, del d.P.R. 633/72 concernente l’esercizio del diritto di rivalsa dell’Iva relativa ad avvisi di accertamento o rettifica emessi nei confronti di fornitori di beni e servizi nella particolare ipotesi di intervenuta estinzione del soggetto passivo acquirente. In particolare infatti, alla società istante sono stati notificati avvisi di accertamento contenenti la contestazione di tutte le fatture emesse nei confronti della società Beta la quale ha cessato l’attività, chiuso la partita Iva e operato la definitiva cancellazione dal registro delle imprese. Per tutti gli avvisi di accertamento la società Alfa ha presentato istanza di adesione a seguito della quale l’Ufficio ha rideterminato la pretesa impositiva. Il contribuente rileva una condizione di incertezza interpretativa per quanto attiene all’esercizio della rivalsa nel caso in cui, a seguito di definizione dell’accertamento, il cedente/ prestatore non possa effettivamente esercitare il diritto di rivalsa a causa della cessazione dell’attività di impresa e della perdita dello status di soggetto passivo da parte del cessionario/committente.
Nel rispondere le Entrate hanno chiarito che dopo l’articolo 60, settimo comma, del d.P.R. 633/72, consente l’esercizio del diritto di rivalsa della maggiore imposta accertata a condizione che il fornitore abbia definitivamente corrisposto le somme dovute all’Erario in dipendenza dell’importo controverso. La rivalsa a seguito di accertamento si differenzia da quella ordinariamente prevista poiché ha carattere facoltativo, si colloca temporalmente in epoca successiva all’effettuazione dell’operazione e presuppone l’avvenuto versamento definitivo della maggiore IVA accertata da parte del fornitore.
L’avvenuta introduzione del diritto di rivalsa a seguito di accertamento si propone di ripristinare la neutralità garantita dal meccanismo della rivalsa (esercitabile dal fornitore soggetto passivo) e dal diritto di detrazione (esercitabile dell’acquirente soggetto passivo) consentendo il normale funzionamento dell’imposta, la quale deve, per sua natura, colpire i consumatori finali e non gli operatori economici. Affinché la neutralità sia effettivamente ripristinabile, il diritto di rivalsa è ammesso a condizione che l’accertamento abbia consentito l’individuazione esatta della società cessionaria e la riferibilità dell’IVA accertata alle operazioni di cessione effettuate.
Tuttavia, va rilevato che la rivalsa operata ai sensi dell’articolo 60 ha natura di istituto privatistico, inerendo non al rapporto tributario ma ai rapporti interni fra i contribuenti. In caso di mancato pagamento dell’IVA da parte dell’acquirente del bene o del servizio l’unica possibilità consentita al fornitore per il recupero dell’IVA pagata all’Erario, ma non incassata, è quella di adire l’ordinaria giurisdizione civilistica. Nel caso descritto tale via risulta preclusa a far data dalla cancellazione della società cessionaria dal registro delle imprese che ha comportato l’estinzione societaria definitiva e la conseguente perdita della titolarità del rapporto giuridico dedotto in giudizio. Dunque, il diritto di rivalsa, pur astrattamente riconosciuto, non è più giuridicamente esercitabile dalla società istante.
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