L’INL, con la Nota n. 9294 del 9 novembre 2018, ha chiarito che nel caso in cui gli ispettori accertino l’impiego di lavoratori in "nero" riscontrando che la retribuzione sia stata corrisposta ai medesimi lavoratori in contanti , è possibile l'applicazione della sanzione prevista per quest'ultima violazione, in aggiunta alla prevista maxi sanzione per il lavoro nero (art. 3, comma 3 quinquies, D.L. 12/2002 come modificato dal D.Lgs. n. 151/2015 ).
L’Ispettorato ritiene infatti che la sanzione prevista dall’art. 1, comma 913, della Legge n. 205/2017 ( da 1.000 a 5.000 euro), per il divieto di retribuzione in contanti, "discende del comportamento antigiuridico adottato ed è posta a tutela di interessi non esattamente coincidenti con quelli presidiati dalla c.d. maxisanzione per lavoro nero".
Inoltre, l’INL precisa che in caso di lavoro "nero" e di accertamento della corresponsione giornaliera della retribuzione, si potrebbero configurare tanti illeciti quanto sono le giornate di lavoro retribuite con questa modalità.
Resta ferma, infine, afferma l'ispettorato, l’adozione della diffida accertativa per il caso in cui, accertata la corresponsione della retribuzione in contanti, la stessa risulti inferiore all’importo dovuto in ragione del CCNL applicato dal datore di lavoro.
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